L’importanza del nostro progetto per il territorio catanese

di

@Luca Aless

Perché nel territorio catanese è necessario incrementare i servizi d’accoglienza alle donne che subiscono violenza maschile? Perché è indispensabile proseguire in un’efficace campagna di informazione/sensibilizzazione, formazione e prevenzione della tematica?

Per rispondere al maggior numero possibile di richieste d’aiuto

La presenza sul territorio di organizzazioni specializzate sul contrasto della violenza maschile sulle donne è drammaticamente insufficiente rispetto al numero di richieste d’aiuto.

I dati ci aiutano a chiarire: nella città metropolitana di Catania, che comprende 58 Comuni e conta oltre 1 milione di abitanti, i Centri Antiviolenza iscritti all’albo regionale sono soltanto 3 e le case rifugio appena 4.

Sono in media 250 all’anno le nuove richieste d’aiuto a cui risponde Thamaia, ma il numero cresce notevolmente nel momento in cui riusciamo ad aumentare le ore di accoglienza. Nel 2013, anno in cui il Centro era aperto 42 ore settimanali, abbiamo registrato un picco di 341 richieste. Oggi le ore sono ridotte a 16 per mancanza di finanziamenti. Ciò significa che investire nelle attività di accoglienza e di contrasto alla violenza ha un ritorno concreto, perché un maggior numero di donne maltrattate può accedere al Centro Antiviolenza.

Nonostante ciò, gli investimenti pubblici per i servizi specializzati sul contrasto alla violenza maschile sulle donne sono pressoché inesistenti. Soltanto il privato sociale si fa carico di interventi specifici. Nel territorio di Catania l’Associazione Thamaia da oltre 20 anni copre un vuoto istituzionale, garantendo alle donne l’accoglienza gratuita nel rispetto dell’anonimato e della riservatezza, eppure si trova in costante difficoltà e rischio di sopravvivenza per scarsità o mancanza di risorse destinate.

Per aiutare le donne migranti, le donne con disabilità e le donne in gravidanza

Le donne accolte da Thamaia nel 2020 provenivano nel 45% dei casi dalla città di Catania, nel 48% dal circondario, e il 6% dal resto della provincia. Abbiamo rilevato che le situazioni di violenza nell’hinterland e in provincia sono più difficili da intercettare perché, oltra alla carenza di servizi dedicati, pesa anche una minore formazione del personale preposto ad accogliere le prime richieste d’aiuto.

Esistono poi casi in cui per le donne è ancora più difficile chiedere aiuto per ragioni strutturali e culturali, pensiamo alle donne con discriminazione multipla, come donne con disabilità o donne migranti. La Questura di Catania nel biennio 2019-2020 ha rilevato più di mille casi di maltrattamenti in famiglia, di cui solo 9 riguardano donne extracomunitarie. A riprova ci sono anche i dati rilevati da Thamaia: tra le donne che ci hanno chiesto aiuto l’88% sono italiane, il 4% di provenienza europea, l’8% di cittadinanza extraeuropea. Nel 2021 siamo state contattate da una donna con disabilità uditiva.

Infine, da analisi nazionali e di Thamaia emerge che la gravidanza rappresenta per le donne un periodo particolarmente a rischio di violenza maschile, per questo il progetto prevede azioni che favoriscano il riconoscimento e l’emersione dei casi nei reparti di Ostetricia e Ginecologia.

Per consentire la fuoriuscita dalla violenza anche grazie ad opportunità lavorative

Nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza è fondamentale che le donne possano contare su opportunità lavorative che possano renderle autonome economicamente. Potenziare l’inserimento professionale significa anche favorire la loro autodeterminazione e dunque allontanare il rischio di subire altra violenza. A questo proposito, dai dati rilevati da Thamaia, emerge che il 39% delle donne che si sono rivolte al nostro Centro ha la licenza media e nessuna ulteriore qualifica, il 53% non lavora, il 42% ha un’occupazione, il 3% sono pensionate, il 2% studentesse.

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