A Trinitapoli con un’innovativa alternanza scuola-lavoro

Come rendere innovativa e coinvolgente un’ alternanza scuola-lavoro nei musei di Trinitapoli?  Ce lo racconta Elisabetta, sentinella di zona per Swapmuseum, sempre alla ricerca di ragazzi e nuovi musei da affiliare!

“Ragazzi quest’anno, come progetto di alternanza scuola lavoro, proveremo a creare delle didascalie emozionali per il museo”, ho esordito così con i 14 ragazzi dell’ultimo anno di liceo classico di Trinitapoli che hanno svolto l’alternanza scuola lavoro all’interno del Museo Archeologico degli Ipogei di Trinitapoli.

Dopo qualche attimo di silenzio su facce dubbiose, mi hanno chiesto: e sarebbe? Nella loro mente le parole “museo” ed  “emozionale” devono essere state così antitetiche da non intuire minimamente quale fosse il lavoro che chiedevo loro di svolgere. Si fatica a pensare ai musei come luoghi emozionanti. L’anello mancante tra gli oggetti di un museo archeologico e il pubblico è proprio la scoperta di come ogni oggetto esposto possa avere suscitato emozioni nel momento della sua creazione, del suo utilizzo e a distanza di centinaia di anni, del suo rinvenimento durante lo scavo. Sono oggetti muti al cuore di ragazzi di 18 anni; i reperti del museo di Trinitapoli non sono altro che cocci rotti di ceramica e pietra, di non facile comprensione senza un contesto ben descritto. Punto di partenza è stata la conoscenza della storia degli ipogei e del culto della dea madre terra a cui erano destinati, con una prima visita guidata. Poi è seguito uno studio individuale, ognuno di loro, con i propri tempi, ha girato il museo approfondendo alcuni aspetti da cui era stato maggiormente colpito. È seguito un momento di confronto, con domande di chiarimenti su alcuni aspetti storico-archeologici. Dopo aver contestualizzato i reperti del museo e averne capito il significato, abbiamo provato ad invertire il processo: immaginare quello stesso oggetto e i valori che ha rivestito al suo tempo, in un altro tempo e in un altro contesto, più vicino alla vita dei ragazzi stessi. Ed è stato da questo sforzo di immaginazione che sono venute fuori le riflessioni che si sono concretizzate nel testo delle didascalie.

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Finalmente ognuno di loro ha vuotato il sacco delle proprie associazioni di idee e di emozioni suscitate dal frangente di storia del pezzo scelto per la didascalia emozionale. Abbiamo dovuto superare un po’ di ritrosia iniziale causata dal timore “di dire cose stupide”. Un timore emblematico della distanza che ancora il modo di comunicare dei musei sia distante da un pubblico giovane.  Per questo attività come questa sembrano anche più necessarie e acquistano valore al livello comunicativo fondamentale in un museo archeologico.

I risultati sono stati sorprendenti, nemmeno i ragazzi stessi avrebbero creduto di poter arrivare a pensare certe cose osservando e conoscendo un pezzo di ceramica nemmeno dipinta appartenente all’Età del Bronzo. La soddisfazione generale è stata per aver portato qualcosa di intimamente personale in un’istituzione all’apparenza molto formale.

“Mi sono accorto come la comunicazione sia fondamentale nell’allestimento di un museo, come una storia possa portare a riflessioni non banali ma attuali”, una delle riflessioni dei ragazzi alla fine del lavoro.

Ovviamente, alla fine del lavoro, la domanda che mi hanno fatto tutti i ragazzi, con un po’ di orgoglio e di impazienza, è stata: “esporrete nel museo le nostre didascalie?”

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