La Spiga, l’onlus nata per non fare sentire più soli nella disabilità
di gilda sciortino
Era un gruppo di amici che condivideva la quotidianità con la disabilità avendo come principio base della propria azione il desiderio di non abbandonare nessuno. Sono passati trent’anni da quando è sorta l’onlus “La Spiga” e, quella voglia di essere una comunità con uno sguardo attento alla disabilità, non è mai venuta meno.
«Siamo nati nei quartieri Serra Spiga e San Vito», racconta la presidente, Francesca Paletta, «zone periferiche di Cosenza in cui il disagio si sente e si incontra concretamente. Siamo sempre state famiglie che vivevano e ancora vivono la disabilità e che, quindi, volevano avere voce in capitolo nelle scelte istituzionali e della politica. Sono passati tanti anni, ma ancora oggi combattiamo contro tanta indifferenza».
Già allora, quando non avevano ancora una sede, i soci di questa Odv sono stati promotori di diversi momenti di riflessione sul mondo della disabilità e su come aiutare le famiglie a superare le difficoltà.
«Abbiamo sempre cercato di supportarci a vicenda», prosegue Paletta, «condividendo battaglie che si proponevano quasi quotidianamente. Questo con i genitori che avevano un disabile in famiglia, ma anche con persone che, nonostante non vivessero questa esperienza direttamente in famiglia, abbracciavano il nostro mondo».
Oggi l’associazione “La Spiga” ha una bella sede, il secondo piano di una scuola elementare dato in comodato d’uso dal Comune di Cosenza. È qui che vengono accolti 10 ragazzi per i quali sono stati pensati specifici percorsi di autonomia.
«Noi li chiamiamo ragazzi», dice ancora la presidente de “La Spiga”, «ma sono giovani adulti con disabilità multipla, non settoriale. Non sono, quindi, tutti con sindrome di down e, proprio per le differenze che caratterizza ognuno di loro, dobbiamo prevedere interventi mirati».
È nel corso degli anni che, mentre si lavorava con la disabilità, il territorio esprimeva anche altre esigenze.
«Vivendo in un quartiere periferico, ci siamo accorti che c’erano tanti bambini e ragazzi per i quali la strada era l’unico punto di aggregazione. Abbiamo, così, deciso di aprirci a una nuova avventura accogliendo questi giovanissimi, anche figli di immigrati di seconda generazione», aggiunge la presidente, «offrendo loro percorsi di studio e attività extra scolastiche. Crediamo nel riscatto delle famiglie, fornendo strumenti che possano dare ai nostri bambini e ragazzi la possibilità di investire nel futuro. Destini che sembravano già decisi e che, invece, con la nostra vicinanza possono seguire un’altra strada attraverso altre opportunità. Arrivano in associazione, fanno i compiti con i volontari – insegnanti in pensione o giovani universitari – che li accompagnano nei percorsi di studio. Instauriamo un rapporto costante con le famiglie perché, se non si fidassero, non ci affiderebbero i loro figli, ma anche con gli insegnanti cercando di colmare le lacune che hanno i bambini. Dopo che hanno studiato, partecipano ai laboratori e alle attività sportive che amano tanto. Sfruttiamo un campetto che ci è stato messo a disposizione dalla parrocchia, organizzando partite e tornei che danno loro riferimenti sani».
Importante il lavoro, lo dicevamo prima, che viene fatto con i genitori, sia per creare ponti generazionali, ma anche perché in questo quartiere della periferia di Cosenza i problemi socio-culturali sono numerosi.
«Abbiamo una grande povertà, ma c’è anche un tale sfruttamento di lavoro che richiede interventi strutturati. Molti nostri bambini hanno anche genitori in carcere, quindi la scommessa è riuscire non creare per loro un ghetto, ma amalgamarli con gli altri. Anche se lo facciamo da sempre, ancora oggi ci troviamo ad avere a che fare con le conseguenze della pandemia durante la quale, solo per fare un esempio, la didattica a distanza non ha funzionato. I problemi si sono amplificati. Sono, però, orgogliosa di quanto siamo riusciti a costruire oggi».
In tutto 14 i volontari in servizio attivo in questa associazione che, attraverso il progetto “Ricominciamo insieme” sostenuto da Fondazione Con il Sud, ha potuto fare uno scatto in più.
«Siamo partiti dalla considerazione che, nonostante sia fondamentale per un’associazione, il volontariato non offre la possibilità di progettare», dice ancora la presidente. «Proprio per questo abbiamo pensato a un progetto che ci consentisse di acquisire una struttura più organizzata attraverso l’inserimento di nuove figure professionali. Una scelta che ha dato ottimi frutti. Importante, in questo percorso, la sinergia con il territorio, per esempio con il Centro Servizi per il Volontariato, che ci dà una grossa mano per organizzare eventi e convegni che i ospitiamo nella nostra bella sede».
Fondamentale, visto a chi ci si rivolge, pensare anche al futuro di questi giovani adulti.
«Stiamo lavorando anche sul dopo di noi, uno dei nostri progetti di punta. Ci stiamo pensando da quando è nata la legge», conclude Francesca Paletta, «attivandoci in tal senso anche con l’amministrazione comunale. Parliamo del 2016, quindi di qualche anno fa, quando ancora non se ne parlava tanto. Ci teniamo perché alcuni dei nostri utenti sono già senza genitori, quindi sentiamo una grande responsabilità. Ovviamente ci sarà bisogno di un’altra sede, ma anche di personale con determinati requisiti perché, occuparsi di disabilità gravi e gravissimi, richiede un investimento impegnativo da tanti punti di vista. Ovviamente siamo ottimisti e non intendiamo fermarci davanti a qualunque difficoltà».
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