Otosclerosi, una malattia che ha bisogno di cura
di gilda sciortino
«Prima di decidere di rendere nota la mia malattia, pensavo di essere l’unica o una delle poche a soffrire di otosclerosi. Solo liberandomi da ogni timore sono riuscita a dare speranza anche ad altri nella mia stessa situazione. Da quando è nata l’associazione, infatti, abbiamo raggiunto circa 700 persone che non avevano le corrette informazioni, sensibilizzando contemporaneamente la comunità, le istituzioni e le associazioni presenti nel territorio, cominciando a demolire il tabù sulla sordità».
Parla così Daniela Barone, fondatrice e presidente dell’organizzazione di volontariato “Insieme Per l’Otosclerosi” (I.P.O.), che dal 2018, anno in cui nata a Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, di strada ne ha fatta veramente tanta. È il 16 giugno 2018 quando a Roma si tiene il primo incontro tra ragazzi e ragazze del gruppo Fb per presentare la neo associazione a livello nazionale. Il 6 ottobre, invece, si svolge il convegno “OTOSCLEROSI: Conoscere e riconoscere la patologia per saperla affrontare insieme” per poi realizzare una gara di poesie sul tema, un altro convegno nazionale e producendo materiale informativo e questionari online in collaborazione con le Università di Palermo, Parma e Pisa.
«Ancora oggi sono pochi coloro che sanno di che malattia parliamo – prosegue la presidente -. L’Otosclerosi è una patologia degenerativa progressiva che colpisce l’orecchio e che degrada la qualità di vita finché si arriva anche a non sentirci più. Tra l’altro colpisce da giovani, non alla nascita o da anziani, quando sono previsti controlli per l’udito e, drammatico da dirsi, non c’è cura. Questo nonostante sia stata scoperta nel 1741. Purtroppo ciò è dovuto al fatto che non si conosce l’origine e la causa. Io stessa ho girato per 8 anni e mezzo per tutto il Paese per cercare di capire, ma nessuno mai mi ha fatto una diagnosi. Me la sono fatta da sola, cercando così come sono soluta fare con la mia professione di geologa. Paradossale, ma ho detto io ai medici di cosa soffrivo».
Una malattia che ha conseguenze anche e soprattutto dal punto di vista sociale e che, per questo, chiama in causa le associazioni come quella fondata da Daniela Barone per sconfiggere l’isolamento.
«Non conoscendola, nessuno può capire veramente chi ne soffre. Io mi sono trovata da sola, con la famiglia che non credeva a quel che dicevo e con gli amici che piano piano si allontanavano. Era una continua sofferenza, così ho deciso che dovevo fare qualcosa, creando una realtà che potesse dare risposte a chi soffriva come me. Io, come tante altre persone, eravamo rimasti da soli per troppo tempo».
Avere creato l’associazione “Insieme Per l’Otosclerosi” ha, infatti, dato modo, a chi entrava nel gruppo Facebook con un falso profilo perché si vergognava di confessare di soffrire di questa malattia, di dire che non sentiva bene o addirittura per niente, di uscire allo scoperto condividendo la propria esperienza con altri,
«In pochi anni ho scoperto che a Castellammare del Golfo ci sono circa cento persone che soffrono di sordità – dice ancora Daniela Barone – e la metà è affetta da Otosclerosi. Saperlo mi ha dato coraggio e la voglia di fare tanto. Ovviamente le difficoltà sono numerose, come il fare i conti con il fatto che, se non senti più alcuni suoni, non li sentirai più. Purtroppo, la memoria uditiva, dopo tanto tempo, li cancella. Io, per esempio, ho perso la direzione dei suoni nel senso che, se scoppia una bomba, non so da che parte scappare. Si tratta di una distrofia delle ossicine che si trovano dentro l’orecchio. Praticamente sono quelle più piccole di tutto il corpo e l’operazione di microchirurgia, l’unica che si può eseguire, non è facile. Io l’ho fatta con il professore Pasanisi e non è stata una passeggiata. Nel gruppo Facebook consigliamo chi sa e chi non sa trattare questa malattia, le cui conseguenze sono anche gli acufeni, rumori fantasmi che sente la maggior parte di chi ne soffre. Anche da piccola sentivo fischi, cicale in lontananza, ma nessuno mi credeva. Non ho mai capito perché. La musica, per esempio, la capisco solo se conosco il brano perché vado a memoria. Soffriamo anche di iperacusia, che ci porta a non potere stare nei luoghi affollati a causa dei rumori che arrivano in maniera aggressiva».
La formazione alla base del lavoro che porta avanti l’associazione, della quale oggi fanno parte circa 20 volontari di età compresa tra i 30 e i 40 anni,
«Attraverso la sinergia che circola tra tutti noi, si cerca di sconfiggere prima di tutto la vergogna di chi non ce la fa ad ammettere di non sentire per paura di essere stigmatizzato come “sordo”. Non tutti hanno la forza di reagire. Contestuale l’interazione con gli specialisti per cercare di capire a che punto è la ricerca di una cura. Cerchiamo anche di scoprire cosa succede in altri paesi, anche se ci siamo accorti che in Italia siamo molto più avanti da tanti punti di vista».
Una rete che lavora sul territorio promuovendo pratiche positive, come i premi d’arte, di poesia e i laboratori che consentono di creare relazioni e combattere due condizioni che vanno a braccetto, la sordità e la depressione, contro cui si combatte ogni giorno.
«Grazie al sostegno di Fondazione CON IL SUD contiamo di pubblicare la raccolta di poesie, ma vogliamo anche organizzare per il prossimo anno un altro convegno nazionale per affrontare gli aspetti psicologici della sordità. Gli stessi psicologi non sanno quasi niente di sordità, infatti molti di loro vorrebbero capirne di più. Non ci arrendiamo perché sappiamo, che possiamo essere fondamentali nel percorso di vita di chi ancora non ha il coraggio di uscire dal buio nel quale vive, ispirandolo e spingendolo a combattere per farcela. È sempre l’unione che fa e dà la forza».
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