Una mappa illustrata per riscoprire i tesori della Riserva del Belice

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Torneremo presto a passeggiare in libertà, nel frattempo, per conoscere meglio la bellezza che ci aspetta, Startup Belice ha ideato una “mappa dei tesori” che giorno dopo giorno si arricchirà delle “icone” della Riserva del Belice, una narrazione visiva per rintracciare non solo preziose specie animali, vegetali ed un paesaggio spettacolare, ma anche dei veri simboli che identificano quei luoghi e li rendono unici nella memoria di tutti. 

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Il nostro viaggio comincia dal fondo del mare alla scoperta della flora e della fauna della Riserva Naturale Orientata del Belice, un’area costiera, estesa per oltre 5 chilometri tra Marinella di Selinunte e il promontorio di Porto Palo, conosciuta per la sua sabbia finissima: immergersi nelle acque pulite e cristalline della riserva è un’esperienza da non perdere. L’acqua calma ed i fondali bassi e sabbiosi la rendono una spiaggia sicura per i bambini e quindi a misura di famiglia. 

Tra pesci del Mediterraneo, spugne ed alghe, il mondo subacqueo è ricco anche di piante vere e proprie, con tanto di fiori e frutti: è il caso della Posidonia, una pianta acquatica tipica del Mar Mediterraneo e come le piante terrestri è dotata di radici, un fusto, foglie e fiori che arrivano nella stagione autunnale e primaverile producendo frutti galleggianti chiamati volgarmente chiamati “olive di mare”. Le foglie della posidonia sono raggruppate in ciuffi la cui lunghezza può arrivare fino ad un metro di lunghezza: distese di verde che formano vere e proprie praterie sottomarine che svolgono una funzione importantissima di protezione della fascia costiera limitandone l’erosione.

Tutta l’area della riserva è delimitata all’interno della vecchia linea ferroviaria Castelvetrano-Sciacca, attiva fino al 1986: uno dei simboli a cui i residenti sono più affezionati è il ponte di ferro che svetta lungo la foce del fiume Belice, rovina della tratta ferroviaria Castelvetrano-Porto Empedocle non più attiva (il primo tratto fu inaugurato nel 1910!) ma che trattiene i ricordi dei paesaggi di campagna e delle coste attraversati dalla littorina: un percorso ferroviario che tagliava frutteti, vigne, uliveti, pendii dolci e lunghe pianure e che da Porto Palo attraversava lentamente Menfi, Sciacca, Ribera, Montallegro, Siculiana, Realmonte, per arrivare fino Porto Empedocle, non superando mai 40 km orari.

È proprio all’altezza del ponte di ferro che, dopo aver percorso 77 chilometri dall’entroterra, sfocia in mare il fiume Belice. che prende il nome dall’arabo belich: così veniva chiamato il castello che sorgeva proprio dove confluivano il ramo destro e sinistro del corso d’acqua che per secoli è stato navigabile e ha rappresentato la principale via di comunicazione tra le aree dell’entroterra siciliane e la costa più vicina al continente africano, caratterizzata da lunghe dune e variegate distese di macchia mediterranea. Alla foce del fiume un tempo c’era la peschiera che nel ‘700 il principe di Castelvetrano dava a gabella: in quell’epoca si pescavano di anguille, storioni, cefali e soprattutto alose…

Lungo il Belice sono tante le strutture di mulini ad acqua che si sono conservate nel tempo, come il Mulino Vecchio, supportato da una complessa opera di ingegneria idraulica utile al funzionamento. Anche la piccola “casina” della Finanza che si trova sul litorale di Marinella di Selinunte ha una storia: fino agli anni ‘80 era un punto strategico per l’azione preventiva e repressiva degli sbarchi di contrabbando, via mare e via treno ed era utile soprattutto per il controllo sulle azioni dei “tombaroli” che nella notte provavano a trafugare beni archeologici. A pochi passi da Marinella svetta infatti l’Acropoli e la Necropoli di Selinunte: l’area fa parte del Parco archeologico più grande d’Europa che conta sette templi greci e racconta la storia di una delle più fiorenti civiltà classiche.

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