Ecosistema Urbano, il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi, presentato a Benevento

Le nuove iniziative di Spazio Artéteco su eco-design e creatività sostenibile

Di Luigi Furno

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Quando si parla di questione ambientale pare che tutto sia nella più completa immobilità, sia d’intenti che di proposte.

Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale Legambiente, si esprime, nel XXII Rapporto ECOSISTEMA URBANO sulla qualità ambientale dei comuni capoluogo di provincia, in questi toni: “Non rimane che affidarsi al vento, come cantava Bob Dylan qualche decennio fa! Nel quadro sostanzialmente statico delle perfomance ambientali delle città capoluogo sembra che per avere qualche miglioramento dobbiamo affidarci alle condizioni meteorologiche favorevoli.

Nel 2014, infatti, il calo degli sforamenti nelle concentrazioni di NO2, di PM10, di ozono, e quindi il miglioramento dei livelli di inquinamento atmosferico è stato determinato da condizioni favorevoli: la dispersione degli inquinanti in inverno e le piogge estive”.

Senza interventi ambientali e meteorologici – che hanno la capacità di intervenire sugli stagnamenti degli agenti inquinanti – esterni all’azione umana, sembra che l’unico dato da riscontare e riportare sia la totale inconsistenza delle azioni politiche e amministrative messe in atto.

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Sempre Cogliati Dezza, sottolinea un dato: “Il bubbone nero rimane la mobilità. Qui nulla si muove (tranne isolate eccezioni, prima fra tutte Bolzano, che comunque dimostrano che qualcosa si potrebbe fare!) sia nel trasporto pubblico che nel modal share, con alcune gravi conseguenze: il tasso medio di motorizzazione dei comuni capoluogo italiani continua a crescere, anche se di poco (erano 64,8 auto ogni 100 abitanti lo scorso anno, nel 2014 siamo a 64,9, con livelli praticamente doppi di città come Parigi o Berlino); l’innovazione in questo settore, che pure all’economia circolare potrebbe dare un grande contributo, rimane bloccata e insignificante; l’inquinamento atmosferico continua ad essere un nodo inestricabile e irrisolvibile, che provoca effetti devastanti che si scaricano sul sistema sanitario e sul benessere delle persone. Ma ciò che più lascia interdetti è che oggi, in questo settore, le tecnologie e le trasformazioni organizzative, esattamente come nel settore dei rifiuti, ci sono ma non vengono applicate se non in modo sporadico, timido, incoerente”.

Chiaramente, come sempre accade per i fenomeni complessi, il dato va controbilanciato con alcuni miglioramenti che stanno avvenendo. In particolare sul fronte delle energie rinnovabili e della raccolta dei rifiuti, a dimostrazione che l’economia circolare ha nelle città un suo punto di forza e di reale insediamento nel sistema Italia. Dati lievemente incoraggianti ma ancora molto lontani da livelli ottimali arrivano, infatti, dal solare termico e fotovoltaico: salgono a diciassette (erano sedici lo scorso anno) i capoluoghi che possono contare su dieci o più kiloWatt provenienti da impianti installati su edifici comunali ogni 1.000 abitanti. Salerno è la migliore, con 181 kW installati ogni 1.000 abitanti, seguita da Padova, Massa e Pesaro con circa 30 kW/1.000 ab. ma sono ancora 23 le città che non arrivano nemmeno a 1 kW/1.000 abitanti e di queste otto restano ferme a zero.

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Questa la fotografia, in estrema sintesi, della ventiduesima edizione di ECOSISTEMA URBANO, presentato venerdì 4 dicembre presso la sala conferenze di Palazzo Paolo V, e organizzato da Legambiente Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore in collaborazione con il Comune di Benevento.

“E’ la prima volta che il rapporto viene presentato al Sud e soprattutto che viene presentato in una città di piccole dimensioni – ha spiegato il sindaco, Fausto Pepe -. Tutto ciò è certamente un motivo d’orgoglio, al pari del 54° posto raggiunto quest’anno dalla città di Benevento che, ricordiamolo, quando ci siamo insediati nel 2006 era collocata al 102° posto”.

Dal dossier emerge un Paese fermo, dove è marcato il divario tra Nord e Sud. Quest’anno a guidare la classifica nazionale sono: Verbania, Trento, Belluno, Bolzano, Macerata e Oristano. Nel complesso i protagonisti delle performance migliori sono i piccoli capoluoghi tutti al di sotto degli 80mila abitanti (Verbania, Belluno, Macerata, Oristano, Sondrio, Mantova, Pordenone) oppure le solite Trento e Bolzano, centri di medie dimensioni (con abitanti compresi tra 80mila e 200mila), e soltanto una grande città: Venezia. In testa c’è prevalentemente il nord del Paese assieme con due città del centro Italia, entrambi piccoli centri, la marchigiana Macerata e la sarda Oristano. Le peggiori invece (le ultime cinque) sono tutte città del meridione, tre grandi e due piccole: la calabrese Vibo Valentia (101) e le siciliane Catania (100), Palermo (102), Agrigento (103) e Messina (104).

 

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Le città sono per l’Italia una delle migliori vie d’uscita dalla crisi, uno dei patrimoni peculiari che possiamo mettere in campo nella competizione globale creando contestualmente le premesse per un profondo miglioramento della qualità della vita degli individui e della vita comunitaria. Sono un possibile cantiere di innovazione, un’industria capace di creare lavoro rigenerando e conferendo qualità e sicurezza agli spazi pubblici e alle abitazioni. L’agenda delle cose da fare è già scritta da tempo: la smartness, la mobilità nuova, il recupero urbanistico e la riconversione ecologica degli edifici, il corretto ciclo dei rifiuti, l’oculata gestione delle acque e la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico, l’agricoltura urbana e periurbana, lo sviluppo della città digitale, la cura della persona, della scuola, dell’educazione.

C’è la necessità del passaggio dalla saggistica, dall’analisi e dalla conoscenza dei fenomeni, alla realizzazione concreta delle soluzioni. Questo cambiamento, questa trasformazione delle città italiane è in atto? A guardare i dati di Ecosistema Urbano, in realtà, l’elemento che appare dominante è quello del ristagno. Piccoli passi avanti (e talvolta piccoli passi indietro) che mostrano una certa pigrizia e un’assenza generale di coraggio nelle amministrazioni locali.

Spesso conoscendo una nuova città, circolando a piedi per le sue strade, prendendo gli autobus fino al capolinea, mescolandosi ai compratori di noodles, facendo goreng a Penang in Melesia o la coda per un parota ad Allahbad in India, infilandosi in templi viene da pensare: “Io qui ci abiterei!” Esistono città di cui si parla male o città di cui si ignora l’esistenza. Di esse però non bisogna avere un’immagine preconcetta, ma una rivelazione improvvisa che ci inviti a metterci nei panni di chi ci vive. E a volte questo primo impulso ci spinge a fare l’esperimento, a starci, in quella città, fin quando non ne diventiamo padroni come i suoi abitanti, fin quando non si diventa capaci di spostarsi al suo interno, di conoscerne le stagioni e scivolare lentamente nella inconsapevolezza di chi non fa più caso alla novità ma alle cose che ritornano giorno per giorno e ci danno la sensazione di essere parte di un mondo comune, di un mondo fatto di case, spazi, alberi, pioggia o luna o sole cocente o vento rinfrescante.

Ma perché la scienza che si dovrebbe occupare della morfologia della città, cioè l’urbanistica, è messa così male? Perché lo statuto delle città oggi è l’espressione più lampante di una nostra generale schizofrenia. Le città sono diventate il luogo dove si moltiplica o si depaupera la ricchezza, il serbatoio dove riporre le speranze di collegamento con il resto del mondo e allo stesso tempo luoghi dove si vorrebbe vivere meglio. Esse sono investite dal verbo della globalizzazione e chi ci vive si abitua a guardare la propria città dal di fuori, come parte di ciò che dovrebbe accadere o che sta accadendo altrove. Ed è così che ci facciamo guidare dai guru della finanza e dall’ideologia dell’omogeneizzazione.

Ciò nonostante non riusciamo a perdere la pretesa di vivere secondo il nostro concreto stare qui e non altrove.

 

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Negli spazi di Palazzo Paolo V, durante la giornata congressuale, sono state allestite alcune mostre di oggetti sul tema della eco-sostenibilità tra cui gli oggetti di “riciclo creativo” dell’associazione Spazio Arteteco, un progetto che si pone da anni l’obiettivo primario di promuovere un cambiamento degli attuali modelli di produzione e consumo che sono la causa degli elevati flussi di materie ed energia del sistema socio economico.

Già, all’interno delle iniziative di Legambiente, Spazio Arteteco si era fatta notare, salendo sul podio del concorso “Sterminata bellezza” indetto, proprio, da Legambiente.

Preso in prestito da un giudizio sull’Italia di Francesco De Gregori, il titolo del premio si riferiva a un Paese sempre «in bilico fra lo sterminio della bellezza e il riconoscimento del patrimonio di sterminata bellezza materiale e culturale» che abbraccia la nostra storia.

Spazio ARTETECO nasce dall’incontro tra l’Associazione Arcarte (Laboratorio creativo) con l’Associazione onlus “Il bambino incompreso”, con il sostegno di “Fondazione CON IL SUD”, e con l’ASIA Azienda Servizi Igiene Ambientale, con l’obiettivo di formare giovani, appartenenti principalmente a fasce deboli e svantaggiate nel misurarsi con i temi legati alla produzione di elementi di arredo di design con l’utilizzo di materiali di scarto.

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Nella stessa giornate è stato presentato anche la I edizione del concorso “Ecoidee”. Il concorso nasce da un’idea di Spazio Artèteco, brand ideato dall’Associazione culturale Arcarte Lab Creative in collaborazione con l’Agenzia di design management Artèteco e con il sostegno di Fondazione CON IL SUD, con l’intento di dare alla fantasia di talenti creativi la possibilità di creare forme nuove e dare agli oggetti, a partire da forme vecchie di materiali di scarto e prodotti in disuso, la possibilità di una vita etica con l’obiettivo di ripensare le categorie della civiltà occidentale e porre al centro di ogni produzione umana il rispetto dell’uomo e dell’ambiente.

La presentazione degli elaborati avviene interamente online tramite iscrizione al sito www.arteteco.it nella pagina Concorsi e con l’invio delle tavole all’email concorsi@arteteco.it

I progetti dovranno essere inviati entro la data di chiusura del bando, prevista al 23 Gennaio 2016 (ore 23:59 GMT +01).

Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sono riportati sul sito www.arteteco.it alla pagina “concorsi” e sui social network Facebook, Twitter e Google+.

 

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