Innovazione sociale: un concetto ancora da definire.

per esperienze con il sud
Spesso quando si parla di progettazione, il primo pensiero è valutare i      bisogni dell’utenza e rispondere con azioni e servizi innovativi. Ma sarà  solo questa la fase in cui è necessario innovare? O come dicono – e la  diatriba non è ancora pacificata –   “Definiamo innovazioni sociali le  nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che soddisfano dei bisogni sociali  (in modo più efficace delle alternative esistenti) e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni. In altre parole, innovazioni che sono buone per la società e che accrescono le possibilità di azione per la società stessa” ( Libro bianco sull’innovazione sociale, scritto da Robin Murray, Julie Caulier Grice e Geoff Mulgan)

L’innovazione sociale è altro dall’innovazione tout court che nasce dalla competizione di mercato e dalla ricerca di un maggiore profitto. All’origine di questi processi di innovazione esistono pressioni sociali esercitate dall’esistenza di bisogni insoddisfatti (es. servizi sanitari di prossimità), di risorse sprecate (es. il consumo di suolo), di emergenze ambientali (es. qualità dell’aria nei centri abitati) o sociali (es. crescenti aree di disagio e marginalità).
La fornitura diretta di prodotti e servizi in grado di soddisfare tali bisogni non è più garantita né dal mercato né dalle amministrazioni pubbliche. Questo vuoto politico e fallimento di mercato apre il campo alle risorse e forze del privato sociale, all’imprenditorialità dal basso, alle comunità di cittadini che si organizzano per soddisfare nuovi e vecchi bisogni, per ottimizzare l’utilizzo delle risorse (umane e naturali) per garantire un miglioramento sociale (vedi oltre), per realizzare soluzioni più soddisfacenti i propri valori e le proprie aspirazioni.

L’innovazione sociale non è solo un’idea più o meno radicale, ma una pratica innovativa, ovvero l’applicazione efficace e sostenibile di una nuova idea di prodotto, servizio, modello.
La capacità di essere efficace si riferisce all’uso ottimale di risorse per il conseguimento di un risultato sociale (outcome), in pratica la dimostrazione che l’idea funziona meglio delle soluzioni esistenti e genera valore per la società; la sostenibilità riguarda una componente essenziale e tipica dell’innovazione sociale che la distingue dalle pratiche tradizionali di assistenza e promozione sociale, ovvero la capacità di “stare sul mercato” e di finanziarsi grazie a dei ricavi generati dall’attività stessa o alla capacità di chi la promuove di dedicarvi impegno e lavoro.
Questo elemento rimanda alla dimensione imprenditoriale dell’innovazione quale possibile (non necessario) esito per l’implementazione e attuazione di una nuova idea. Non ha nulla a che vedere con la dimensione profit o non profit di impresa, quanto al senso stesso dell’innovazione che ha come finalità la creazione di un impatto positivo per la società che sia il più ampio possibile.

Le pratiche di innovazione sociale non solo rispondono in modo innovativo ad alcuni bisogni, ma propongono anche nuove modalità di decisione e di azione.
In particolare propongono di affrontare complessi problemi di natura orizzontale attraverso meccanismi di intervento di tipo reticolare, adottando l’intera gamma degli strumenti a disposizione, utilizzano forme di coordinamento e collaborazione piuttosto che forme verticali di controllo.
Richiedono inoltre l’utilizzo di strumenti e processi di supporto al design thinking, inteso come capacità di formulare e implementare soluzioni.
Questo aumenta le capacità di azione della collettività che si mobilita, crea nuovi ruoli e relazioni tra gli attori coinvolti, coinvolge nella produzione di risorse e capitale umano sotto utilizzato. Il processo che porta alla produzione di un certo output (prodotto, servizio, modello di comportamento, etc..) è dunque fondamentale nel conseguimento di quello che definiamo il risultato sociale.
Il potenziale impatto di una pratica innovativa sul contesto sociale è tanto più elevato quanto più inclusivo è il processo di coinvolgimento della comunità, secondo modelli in continua evoluzione.
Questa mobilitazione di risorse umane porta ad un attivismo diffuso in grado di moltiplicare energie e iniziative al servizio del miglioramento sociale.

Non ci sono attori e settori più idonei di altri nello sviluppare pratiche di innovazione sociale. Anzi possiamo dire che le esperienze più interessanti e radicali sono il frutto della collaborazione tra diversi attori appartenenti a mondi diversi.
Le pratiche di innovazione sociale tendono a collocarsi al confine tra non-profit, pubblico, privato, società civile (volontariato, movimenti, azione collettiva, etc..), sono trasversali e frutto di interessanti contaminazioni di valori e prospettive. Nascono da nuove forme di collaborazione e di cooperazione tra soggetti di diversa natura che trovano un allineamento di interessi per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Dunque l’innovazione sociale ha una spiccata dimensione collettiva, non appartiene solo all’immaginazione e alla creatività di un attore singolo, quanto alla capacità collettiva di partire da un’intuizione e di svilupparla sino a trasformarla in pratica diffusa (outcome/risultato).
Uno degli elementi più importanti e controversi dell’innovazione sociale riguarda l’impatto che può esercitare in termini sociali. L’attenzione alla valutazione di questo impatto è così alta che si è innescata una corsa all’elaborazione di metriche e strumenti capaci di offrire un’indicazione quantitativa del valore sociale creato.
Riteniamo che questo approccio, in una fase ancora di definizione e studio delle dinamiche e caratteristiche dell’innovazione sociale, rischi di spostare l’attenzione solo sui risultati misurabili piuttosto che sulla complessità delle relazioni implicite nelle pratiche. L’innovazione sociale è incorporata nel tessuto sociale delle comunità in cui si pratica, nel valore qualitativo di queste relazioni, nella complessità dei modelli spontanei di governance.
Questi elementi come abbiamo già detto sono essenziali per valutare l’impatto sulla collettività. Per questo, preferiamo non ricondurre l’impatto dell’innovazione solo al valore sociale creato, ma piuttosto al miglioramento sociale che è in grado di generare.

Cosa intendiamo per miglioramento sociale?

L’innovazione può raggiungere dei risultati di natura sociale strettamente legati alla produzione dell’output (es. offerta di servizi sanitari di prossimità), che nel soddisfare dei bisogni genera un aumento del benessere della collettività – creazione diretta di valore sociale – ma anche risultati impliciti nel processo, nelle nuove relazioni, nei nuovi assetti di governance, nel capitale sociale attivato – creazione indiretta di valore sociale. La creazione indiretta di valore sociale consiste anche nell’aumento delle capacità di azione della società stessa (empowerment), grazie ad un processo collettivo di apprendimento, mutuo insegnamento e attivazione. Da qui anche, l’utilità della messa in rete dei soggetti che fanno innovazione sociale e delle loro pratiche. Le due dimensione di valore creato contribuiscono a determinare l’outcome dell’innovazione, ovvero quello che noi definiamo miglioramento sociale.

da: bando.che-fare.com/vademecum/3-concetti-e-definizioni-sullinnovazione-sociale/

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