Un salto nell’Arbërisë – In radio i colori dell’Arberia d’Italia Ngjyrat e Arbërisë

Come ogni sabato il programma “Pazzi per la Radio” ha ospitato interventi di attori e testimoni privilegiati della comunità cosentina ( non solo urbana ma provinciale) del Terzo Settore e dell’Arte e della Cultura.

Nunzio Scalercio detto “webmastru” un esilarante uomo di spettacolo e di fine arte umoristica, seguitissimo sulla scena social e  amatissimo dai cosentini.

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Esponente del Libero Teatro, nel programma di attività di formazione e ricerca teatrale al Piccolo Teatro Unical, organizza “Immersioni nel teatro comico-satirico”. Si tratta di un laboratorio teatrale curato e diretto dallo stesso Nunzio Scalercio, istrionico e poliedrico artista cosentino, conosciuto soprattutto come Webmastru, attore, scrittore, fumettista e ideatore di Spigaweb. Il programma incentrato su improvvisazioni individuali e corali, esercizi e metodi di lettura del testo comico, tecniche di improvvisazione, espressività fisica e verbale, esercizi di stile, mimica e doppiaggio.
Per la prima volta nelle vesti di docente e curatore, Nunzio Scalercio spiega nella sua presentazione: «La risata è salvifica e catartica ed è riconosciuto il ruolo fondamentale del teatro comico nella nostra società. In un momento storico in cui comicità e satira sono sotto pressione e vivono un momento difficile a causa di tensioni politico-religiose è d’obbligo sostenere, preservare e incoraggiare il racconto satirico-umoristico come forma di difesa della libertà intellettuale. La capacità di leggere una società con occhi nuovi e diversi, in una prospettiva che ne riveli ingiustizie, inconsistenze e assurdità, fanno del comico una figura di primissima importanza nella dialettica tra popolo e potere».

 

Il secondo ospite è stato il Maestro  Francesco Senise  che vive ed opera a Lungro (CS) dove è nato il 25 agosto 1970. Al suo paese natale, che ama profondamente, ha dedicato gran parte della sua produzione artistica. Molte delle sue opere, infatti, traggono ispirazione dai meravigliosi paesaggi che circondano il paese  e dalle piazzette e dai vicoli  che lo caratterizzano. Lo stesso “Ciclo dei Salinari”, che lo ha consacrato artista di grande valore, deve la sua origine alla presenza nel territorio di Lungro di una miniera di salgemma che per molti secoli ha condizionato la sua esistenza. L’attenzione, quasi ossessiva, del Senise alla sofferenza dei minatori ha radici profonde: quando era bambino fu particolarmente colpito dai racconti di un suo zio che descriveva la triste vita degli operai dentro le viscere della miniera, ma, soprattutto, dalla presenza nell’androne della scuola elementare “Camillo Vaccaro”, da lui frequentata, di alcune sculture che rappresentavano in modo plastico l’immane fatica dei salinari schiacciati dal peso dei massi di sale che trasportavano sulle loro spalle. Quelle sculture si sono angosciosamente annidate nel cuore del piccolo Senise, hanno invaso la sua mente e colmato i suoi innocenti occhi di lacrime, diventando, nel tempo, componente essenziale del suo vissuto interiore, fino ad esplodere in età matura nella sua arte, venendo ad imprimersi in molte delle sue tele. In questi suoi dipinti l’accento viene posto sulla fatica fisica degli operai che cancella quasi del tutto le loro fisionomie e rende i loro corpi simili uno all’altro, schiacciati, come in un girone infernale, sotto il peso del sale.
Lungro, essendo inoltre un importante centro culturale arbereshe e sede dell’Eparchia bizantina dell’Italia continentale, rappresenta una meravigliosa sintesi tra cultura e spiritualità orientale e occidentale, e tale sintesi traspare con chiarezza nelle opere del Senise.

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Il maestro Senise per il nostro blog ci ha inviato un testo che ci aiuta nella comprensione della cultura Arbërisë, ovvero nella cultura degli albanesi che secoli fa si sono stanziati in Calabria e integrati perfettamente nei luoghi e nella comunità.

L’Arberia è uno spicchio di mondo, adagiato fra le braccia della terra calabra, dove le ricchezze naturali e culturali dell’Oriente si sposano con quelle dell’Occidente, senza minimamente contaminarsi, ma garantendo una simbiosi di colori e di forme che generano meraviglia. E questa meraviglia l’ho respirata a pieni polmoni fin da piccolo nella mia natia Lungro, il più importante centro culturale dell’Arberia, sede dell’Eparchia Bizantina dell’Italia Continentale.

Preesistente alla venuta dei profughi albanesi che vi si stanziarono nel XV secolo con i loro usi, i loro costumi, la loro lingua e il loro rito bizantino, Lungro faceva parte della Contea di Bragalla, attuale Altomonte, e sorse intorno al XII secolo sulle pendici del Monte Petrosa, attorno alla Abbazia di Santa Maria delle Fonti costruita dai monaci Brasiliani per concessione di Ogerio del Vallo, conte di Bragalla. Affiancato da un lato dal massiccio del Pollino e dall’altro lato dalla catena della Mula, davanti al mio paese si apre l’immensa pianura di Sibari che si specchia sulle acque del mare Jonio, padre e padrone della Magna Grecia, e guarda in lontananza ai monti della Sila.

Uno spettacolo! E questo spettacolo ogni giorno riempie i mie occhi con i suoi colori ora tenui, ora forti, ora pieni di calore, ora apparentemente freddi, ma pronti a mutarsi in giochi di luce che abbagliano la vista. Sotto le viscere del mio paese da millenni viene ospitata una miniera di salgemma che ha caratterizzato per lunghi secoli ( è stata chiusa nel 1976), la vita lavorativa del territorio garantendo benessere e libertà economica. Ma a prezzo di una fatica senza pari e di grandi e persistenti sofferenze, quasi a voler rendere ragione alla scritta in latino posta davanti all’ingresso della miniera: “Nihil sine magno labore vita dedit mortalibus” che tradotto significa: “La vita non ha dato mai nulla agli uomini senza una fatica molto grande”. La miniera di salgemma di Lungro, sfruttata gia dai Greci e poi dai Romani,ne fa menzione Plinio il vecchio nella sua opera “Naturalis Historia”,una miniera che ricevette un forte impulso dalle migrazioni Albanesi in Italia,come gia detto, nella seconda meta’ del 1400 dove i profughi Albanesi insediatisi, costituirono manodopera per il duro lavoro di estrazione in profondita’,anni in cui la produzione aumento’ in maniera considerevole, raggiungendo il massimo splendore nel 1882,per poi purtroppo chiudere circa un secolo dopo.

Ho sempre amato il mondo della pittura, ma per lungo tempo non ho pensato di cimentarmi con essa, forse per quel timore che genera il confronto con le opere dei grandi artisti. Poi un giorno, all’improvviso, le mie mani servendosi di un umile pennello e di un’altrettanto umile tavolozza hanno cominciato, timidamente, a imprimere i primi colori su di una tela. E non si sono più fermate! Sono stato preso dai colori della mia terra e trascinato come in un vortice di luce da cui si sprigiona un’energia senza pari che di volta in volta mi spinge a soffermarmi a riprodurre i meravigliosi paesaggi che circondano il mio paese e il suo territorio, o a camminare sui vicoli e sulle piazze che lo caratterizzano. O a fare qualcosa di ancora più specifico: scendere con i salinari nelle viscere della miniera di salgemma, prendere sulle mie spalle il pesante fardello costituito dai sacchi colmi di sale per inerpicarmi per gli oltre 2000 gradini, magari cadere sotto il loro peso come Cristo in croce, ma sempre pronto a rialzarmi per testimoniare la mia e la loro realtà di uomini liberi, e sventolare tra le mie mani il tricolore e la bandiera con l’aquila bicipite per testimoniare la mia lotta a fianco di tutti quelli che si sono battuti per la libertà della terra che mi ospita, l’Italia, e per quella da cui traggo le mie origini, l’Albania..

Con il cosiddetto “Ciclo dei Salinari” ho voluto, quasi in maniera ossessiva, rendere attuale la sofferenza dei minatori, cercando di tradurre su tela i racconti di un mio zio che per anni aveva percorso i vicoli bui dove l’aria era rarefatta della miniera condividendo la triste sorte dei salinari e, nello stesso tempo, tramutare in giochi di luce e di colori le sculture presenti nell’androne della scuola elementare del mio paese che rappresentavano in modo plastico la fatica e la sofferenza dei minatori schiacciati dal peso del sale, sculture che con tutta la loro angoscia avevano invaso il mio piccolo cuore e avevano più volte costretto i miei occhi a riempirsi di lacrime. Queste sono immagini romantiche che raccontano il significato piu’ profondo delle gesta, del lavoro e della dignita’ dell’uomo mostrata nella piu’reale finzione artistica in una serie di dipinti dal sapore aspro di realismo,una narrazione didascalica che supera, andando oltre, le emozioni stesse.

Oggi la mia pittura continua a raccontare e a cantare il mio mondo arbëreshë, i suoi colori, i suoi sapori, i suoi momenti di gioia e quelli di dolore, ma continua a raccontare anche il mio mondo interiore, le mie emozioni, la mia sete di assoluto che si apre alla contemplazione e alla spiritualità tipiche del mondo bizantino, giocando con i colori, le luci e le ombre che lo caratterizzano.

Francesco Senise, Piktor Arbëresh

www.francescosenise.it

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