Per chi conosce Luna laboratorio rurale saprà che abbiamo dovuto affrontare un duro colpo: il frutteto recentemente impiantato, sì proprio quello di cui vi abbiamo raccontato le tecniche di impianto e con cui abbiamo dato il via ufficiale alle attività per il progetto “Terre colte”, è andato in fiamme.
Il giorno dell’incendio sarebbe stato lo stesso giorno in cui avremmo completato l’impianto di irrigazione, dopo innumerevoli vicissitudini.
I danni sono importanti e non solo per gli alberi ma anche e soprattutto per l’impianto di irrigazione che abbiamo faticosamente montato e che è stato quasi completamente fuso dalle fiamme. Sulla pagina Facebook di Luna laboratorio rurale abbiamo raccontato a caldo l’incendio e i suoi danni, in tanti vi siete dimostrati solidali e attivi, intenzionati ad aiutarci con un sostegno pratico ed economico.
Sul blog di Esperienze Con il Sud, a distanza di qualche tempo dall’accaduto, riportiamo la testimonianza di Mirko, uno dei “sognatori di Luna”.Lui era lì con noi a spegnere le fiamme, a inalare terra bruciata e “lavare via” l’amarezza.
Lasciamo la parola a Mirko, al suo modo di raccontare, lasciando spazio, infine, a una timida ma bellissima speranza.
Buona lettura!
Sbatt!-Sbatt! T’ Clack… VrrrRrruuum…!! Ci si ri-tuffa sorridendo nella macchina verde, dopo aver fatto una breve tappa al bar, come sempre, a metà strada, tra Luna e il frutteto. Ci dirigiamo al frutteto, scherzando su questo e quell’altro. “Di” fa lo scemo come sempre. Svoltiamo ridendo l’ultima curva e…Come…!?? All’orizzonte c’era solo un alternarsi di fumo bianco e grigio. Fiamme accese e terra bruciata. “Di” parcheggia maldestramente la macchina verde – Esci di corsa – Metti in sicurezza il cane! – Apri lucchetto e cancello…
Presa coscienza di un incendio, cosa si fa?
Tcch’ck… Track! Sbatt… Trrf…! Sgancia il lucchetto- Spingi – Corri dentro! Io e “Di” afferriamo le prime cose che troviamo: assi di legno, residue della costruzione del muro perimetrale. Corri! – Calpesta.- (Trattieni il respiro!) – Batti sulle fiamme con l’asse di legno centimetro per centimetro per spegnerle. – (Ignora il calore). Le fiamme non erano molto alte… Ci si guarda negli occhi per farci coraggio mentre improvvisiamo un balletto di calpestii, colpi d’asse e tosse. Vinciamo noi. Spegniamo le fiamme, mentre la zona da cui l’incendio sembra essere partito o avanzato brucia ancora. A questo punto chiamiamo i vigili del fuoco. L’operatore, tanto gentile quanto desolato, ci informa che tutte le squadre sono impegnate. “Sta bruciando mezzo Salento, ragazzi”; ci dirà ore dopo, rassegnato, il capo dei vigili del fuoco. Speriamo nella protezione civile, che allertata dal 115 potrebbe intervenire.
Ci viene in mente di “volare” a Luna per riempire delle “dame” in vetro da 50 L che abbiamo a portata di mano. Per la prima volta il flusso del tubo di gomma che scorre veloce sembrava andare in slow motion. I sedili della macchina sono zuppi di acqua, ma ce ne accorgeremo solo il giorno dopo. Tornati al frutteto ci accorgiamo che il vento è cambiato e il fuoco si è riacceso oppure ha continuato a penetrare da fuori, non importa, non fa differenza. Ci fiondiamo con la macchina tra i filari. Come forsennati “Di” e io riempiano i secchi dalle damigiane e ricominciamo a ballare cercando di spegnere centimetro per centimetro lingue di fuoco che avanzanoimpetuose, avide e fiere come un’orda di barbari all’urlo di guerra.
Intervenire e reagire ad un incendio
Il fumo. Il caldo. La testa che gira. Tosse. Ansia. Panico, rabbia e rammarico. Scottature. Tutto insieme in un’unica pulsione che ci spinge a scappare dal fuoco, ma ci impone di fare il nostro dovere. Vinciamo anche il secondo round, non sappiamo esattamente come ma ne siamo lieti. E riprendiamo fiato. Ormai speriamo solo che il fuoco non raggiunga la parte bassa, dove dimorano le albicocche. Gran parte dell’irrigazione, nuova di pacco, è andata: puzza e si scioglie a polpa come un vinile anni ’80 in un microonde.
Impianto di irrigazione bruciato
Con “Di” decidiamo di provare a spegnere, con l’acqua residua, anche parte del fuoco nei terreni confinanti. Ci sono alberi di eucalipto, ulivi, piccole strutture. Meglio evitare che prendano fuoco. Torniamo a Luna e ripetiamo il rito storditi: Carica l’acqua – Vola al frutteto – (Schiaqquati il viso!) – Insisti! Di ritorno al frutteto, ahimè, le fiamme c’erano nuovamente… Ed avevano raggiunto ormai anche le albicocche. L’impianto di irrigazione ormai è totalmente andato come gran parte degli alberi, del resto. La plastica non si spegne. La testa gira. Gli animi pure. Torniamo a Luna, increduli e amareggiati. Respiriamo aria pulita. Poi ci guardiamo negli occhi con “Di” e Fabi, nascondiamo le lacrime con un residuo di ottimismo e torniamo ancora al frutteto. Salviamo ancora qualche tubo qua e là ma “contro il fuoco non si vince”, continuerà a dire in seguito Fabi.
Ape car e terra bruciata
Ormai è pomeriggio inoltrato. Ci rendiamo conto sommariamente dei danni – immani – mentre giunge anche una squadra dei vigili del fuoco che non può che constatare quanto il fuoco abbia già fatto il suo corso: è l’ennesimo disastro ambientale, come tutti gli anni a queste latitudini. In lontananza ancora fumi. Loro corrono via per rispondere a una segnalazione. La loro giornata, come la nostra, sarebbe stata ancora lunga e faticosa. Il resto della storia è solo stanchezza mista a incredulità e rabbia.
Vi chiederete come possa succedere, ci chiederete “ma è stato doloso?”, la verità è che non lo
sappiamo! È costume tra i piccoli, e non solo, agricoltori e proprietari in Salento fare la pulizia delle
stoppie bruciando. Un tempo, però, i nostri nonni avevano l’attenzione di fare dei fuochi circoscritti,
di bruciare sfalci di potature ammucchiati.
La verità è che oggi l’agricoltura in Salento è in uno stato di abbandono quasi totale: la strada di cui parla Mirko, quella che allegramente percorriamo per raggiungere il frutteto da Luna, è un cimitero di ulivi disseccati dalla xylella, ma soprattutto dall’abbandono, monconi di alberi depredati della legna, campi incolti che in estate diventano facilmente preda del fuoco, masserie e aziende in vendita.
Le campagne abbandonate
In questo stato di abbandono anche un incidente da nulla, un piccolo fuoco non controllato può avere degli effetti molto importanti. Ma, oltre a questo, ci sono gli incendi dolosi appiccati per varie ragioni, tra cui anche quello di speculare su terreni non più produttivi e così capita che si vedano sempre più spesso i nostri giganti buoni, gli ulivi, mangiati dal fuoco.
Ulivi monchi, identità spezzate
La nostra presenza in quella zona, forse più che nella zona di Luna, è una lotta all’abbandono. Abbiamo preso un terreno che era stato acquistato per metterci pannelli solari (e per fortuna hanno ormai sospeso l’impianto di pannelli a terra) e abbiamo ricominciato a curarlo, a coltivarlo e dargli nuovo valore.
Spesso affrontiamo il chiacchericcio e la curiosità dei vicini e passanti che si chiedono cosa quel gruppo di ragazzi stia facendo lì, che cosa sta piantando in mezzo a questo cimitero di olivi, ma soprattutto perché? Perché questi giovani ragazzi, istruiti e con tanta voglia di fare dedicano del tempo a un terreno che non vale nulla?
È la nostra sfida, per niente facile lo ammettiamo. Vogliamo ricominciare dalla terra, dimostrare che si può fare e che la terra e la natura da sempre offrono un’altra possibilità.
Le nostre piante, dopo aver conosciuto il fuoco e quando sembravano stessero morendo, ci hanno lanciato un segnale importante: non è ancora giunto il momento di gettare la spugna. Dopo l’incendio, infatti, non abbiamo perso tempo, pur senza poter contare su un impianto di irrigazione, abbiamo continuato a dare acqua ricorrendo ai mezzi di cui disponevamo e le piante ci stanno ripagando con qualche timido germoglio.
Non è tempo per esultare, un incendio è comunque un incendio, le piante hanno sofferto e devono andare a pescare risorse sconosciute per affrontare i danni e il caldo implacabile di questi tempi e sicuramente tarderanno a entrare in produzione.
Ma come direbbe il neurobiologo delle piante Stefano Mancuso, le piante sono molto più intelligenti degli esseri umani e nel loro “non essere individui” è racchiusa la loro straordinarietà.
Adesso è il momento dell’ancestrale collaborazione che è alla base dell’agricoltura, è il tempo della cura per sostenere i nostri alberi!