Le utopie per restare: Casa delle Agriculture e il decennale Notte Verde
di liberacompagniaassociazioneculturale
CASTIGLIONE D’OTRANTO, 20 AGOSTO 2021
Care compagne e cari compagni,
questa cartolina arriva da dove più non potrebbe partire: la buca delle lettere è stata sigillata con la colla e del vecchio ufficio postale restano solo i gradini scoscesi. La saracinesca, nel frattempo, ha imparato a dire dell’altro. Castiglione d’Otranto, in provincia di Lecce, è un paese che da anni conta i suoi vuoti: le case chiuse da tempo da chi non c’è più e da chi è altrove; i campi incolti e senza presidio a far gola a incendi, cemento e disseccamenti di ulivi; la scuola primaria senza più bambini. Del Salento che piace ai turisti questo è il contraltare, che si ripete simile nei tanti piccoli comuni che, tra Otranto e Leuca, soffrono di invecchiamento, emigrazione e culle vuote. Un’emorragia che da almeno due decenni non si riesce a frenare, una verso il solito Nord, l’altra verso un altro “nord” più vicino, il capoluogo e il suo hinterland, calamita che attrae abitanti dai margini della provincia. Un problema che latita nelle agende politiche e che non interessa se non ai pochi che restano per lucida scelta.
Tra loro ha preso a germogliare il seme di una restanza possibile. Non un semplice restare, ma un restare reinventandosi, ricomponendo i cocci di quello che è stato per forgiare una storia nuova, problematizzando i vizi antichi della propria terra, tenendosi tutto: fratture e bellezza, sperimentazione e dimenticanza. Castiglione d’Otranto è la culla di una di queste esperienze, tra le più emblematiche della Puglia. E’ questo il paese in cui un gruppo di giovani ha scelto di rimanere o ritornare per scrivere pagine inedite: quindici ettari di terre frammentate e abbandonate concesse da privati in comodato d’uso gratuito, per la coltivazione naturale di cereali antichi e ortaggi; cinque patti di filiera, per far stare insieme, dal seme alla produzione, i piccoli contadini del Salento; il primo mulino di comunità d’Italia, nato da una raccolta fondi dal basso unita al contributo di Regione Puglia e Fondazione CON IL SUD; un vivaio in cui si recupera biodiversità a rischio estinzione (presidio BioDiverso) e si pratica inclusione sociale di migranti, anziani e persone con disabilità; un’attenta attività pedagogica per i più piccoli, per farli avvicinare all’agroecologia, alla lettura, alla fantasia; un forno di comunità, per trasmettere i saperi da una generazione all’altra; un apiario collettivo per ripopolare di api le campagne e strapparle ai pesticidi; un’intensa attività che recupera rituali rurali e li ripensa come strumenti di innovazione culturale. La Notte Verde, che quest’anno ritorna tra il 27 e il 31 agosto, celebra il suo decennale (qui tutto il programma) continuando a far dialogare le terre degli ultimi, le storie “minori” con un filo conduttore: “agriculture, utopie, comunità”. La pluralità che sa farsi corpo unico conservando le sue sfumature.
Al timone di questa sperimentazione ci sono l’associazione Casa delle Agriculture Tullia e Gino e l’omonima cooperativa agricola, che da un decennio tentano di scrivere un’altra storia di questo posto, dove il vuoto si può perdere ma si può anche rendere, restituito alle sfide di una cura quotidiana dei luoghi e delle relazioni, della pratica della democrazia del cibo (cibo sano accessibile a tutti), di un’agricoltura naturale che sappia dare lavoro dignitoso tutelando la terra, di una coscienza “politica” – nel senso più alto del termine – per cui nessuno deve restare indietro.
#ResistoalSud
#VuotoArendere
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