Anziani, ritornare alla centralità della persona
Anziani, ritornare alla centralità della persona,
Se si iniziasse a parlare di anziani in termini di “persone” aventi diritto ad una politica che tenga conto del loro benessere, forse si getterebbero davvero le basi di un nuovo welfare che si ispiri alle pesanti trasformazioni della società moderna. Anche perché ad aver subito più trasformazioni negli ultimi tempi è proprio la fascia d’età che va dai sessantacinque anni in poi: troppo giovani per essere considerati della “terza età”, i nuovi pensionati infatti si ritrovano di colpo davanti ad un “foglio bianco” che sono chiamati a dover riempire di nuove relazioni e rinverditi interessi. Il rischio, d’altronde, è quello di sentirsi in poco tempo inutili e trascurati dalla società, e di conseguenza depressi.
La nostra società ha dovuto fare i conti con il drastico cambiamento delle convenzioni sociali, della famiglia e del mondo del lavoro a cui si accede oggi in età più tardiva – ha così analizzato il fenomeno “anzianità” Bruno Bilotta, ordinario di sociologia del diritto all’Università “Magna Graecia” – Stiamo assistendo ad un’operazione di “cosmesi normativa” resasi necessaria anche per definire le aree di “parcheggio sociale” destinate alla formazione individuale che ritardano l’ingresso nel mondo del lavoro. Il rischio sociale che si nasconde dietro l’angolo è di ritrovarsi, mano a mano che si va avanti con gli anni, dei soggetti economici che, a causa del cattivo stato di salute, diventano ostaggi della medicalità”. Agli anni di vita che sono andati aumentando, infatti, non sempre corrisponde uno stato di salute ottimale, anzi: le malattie della tarda età rimangono tuttora inguaribili, e l’unica soluzione sembra trovarsi in un sano ottimismo che, come ha tenuto a precisare Mario Cortese, presidente del CSV di Catanzaro, mai come in questa fase della vita sortisce i suoi benefici. C’è poi il dato degli anziani calabresi, il 19% dei quali, come riportato da Antonietta Santoro della segreteria regionale SPI Cgil Calabria, vive in condizioni sociali e culturali che aggravano il peso dell’età: per loro, veri “ammortizzatori sociali” in uno Stato che va alla deriva, e che di certo non aiuta le famiglie moderne con scarso reddito e senza figli, l’unica possibilità di crescita si rinviene nel Terzo Settore in generale, e nel volontariato in particolare. Il ruolo propulsivo che dev’essere sempre più assunto dagli appartenenti alla terza età è d’altronde consequenziale all’aumento esponenziale degli over 65 nei prossimi anni (il sociologo Giovanni Minniti ha difatti chiarito che, nel 2040, un terzo della popolazione italiana sarà composto da anziani) ed ai programmati interventi in ambito europeo che, specie in materia di servizio civile – ha proseguito il sociologo Vincenzo Marano – possono riservare importanti sviluppi che tengano conto dell’invecchiamento complessivo della popolazione, della diminuzione delle nascite e dell’aumento dell’emarginazione sociale. La previsione di un nuovo modello economico che si avvalga dell’innovazione e della valorizzazione delle imprese sociali, oltre che della piena collaborazione dei cittadini, è dunque auspicabile.