Venosa, scrigno di arte, cultura e spiritualità
di svalegambientepotenza
Patria del poeta latino Quinto Orazio Flacco, Venosa è considerato uno dei borghi più belli d’Italia. Nel cuore del Vulture Melfese, a nord della Basilicata, è uno scrigno di arte, cultura e spiritualità. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi.
La storia
Fu fondata dai romani nell’anno 291 a.C, quando venne strappata ai sanniti. La storia di questa città, a partire da questa data, è legata alla storia di Roma che la eleva a “Municipium” (città romana), estendendo il diritto di voto e di cittadinanza ai suoi abitanti. Qui nacque, nel 65 a.C, e trascorse la sua adolescenza il grande poeta latino Quinto Orazio Flacco di cui si conserva la casa natale, in una vicolo di Piazza Orazio.
Sappiamo, inoltre, che tra il IV e il IX secolo, la città è stata interessata da una colonia ebraica. Sulla collina della Maddalena, infatti, appena fuori dalle mura fortificate, si resta colpiti dalle catacombe ebraiche in prossimità di quelle cristiane. Scavate nel tufo, presentano numerosi graffiti ed epigrafi funerarie con iscrizioni in ebraico, greco, latino, e affreschi.
Nell’alto Medioevo i longobardi, prima, e i saraceni e i bizantini poi, giunsero nella città oraziana. Successivamente, con gli angioini la città passò agli orsini, dei quali ricordiamo il duca Pirro del Balzo al quale si deve l’edificazione del castello. Ai Del Balzo seguirono i Gesualdo, feudatari e Principi di Venosa e tra il XVIII e XIX secolo passò dai Ludovisi ai Caracciolo. Nel 1820 ebbe una buona rappresentanza della carboneria, mentre con l’unità d’Italia, nel 1861, fu conquistata dai briganti del rionerese Carmine Crocco.
Il patrimonio culturale
Percorrere le strade in pietra della città oraziana regala delle sensazione uniche. Il borgo presenta gioielli artistici e architettonici di inestimabile valore.
Sin dal varco della città si può ammirare la splendida Abbazia della Trinità, con annessa chiesa dell’Incompiuta, un’opera mai ultimata realizzata con materiali lapidei provenienti dal vicino anfiteatro romano. Quest’ultimo, risalente al periodo compreso tra il I e il II secolo d.C., è di forma ellittica e disposto su tre piani. Da una serie di esami sulle misure della struttura sembrerebbe che l’anfiteatro riuscisse ad accogliere, all’epoca, circa diecimila spettatori. Straordinario è anche il Parco archeologico. Qui si conservano i resti monumentali di un impianto termale, realizzato tra il I e il III secolo d.C., in cui si susseguono ambienti freddi, tiepidi e caldi, di una domus con mosaico facente parte dei quartieri abitativi, e i resti perimetrali della prima basilica paleocristiana.
Nel cuore del suo centro storico domina il maestoso castello Pirro del Balzo che nasce come importante tassello del progetto di urbanizzazione e fortificazione della città. Costruito sullo schema del Castelnuovo di Napoli, tra 1460 e 1470, è sorto su una preesistente cattedrale romanica. Del castello si possono ammirare le quattro torri cilindriche, che segnano gli angoli della pianta quadrangolare, un profondo fossato e un ampio cortile circondato da un loggiato rinascimentale. Al suo interno è ospitato il Museo archeologico nazionale che raccoglie la documentazione di età romana, tardo antica e alto medioevale della città. Dal 1996 il museo ospita anche una sezione dedicata alla preistoria, dal Paleolitico inferiore all’Età dei metalli.
Passeggiando per le strade di Venosa non si può non visitare il sito preistorico paleolitico di Notarchirico, scoperto nel 1979. Il sito, posto a pochi chilometri dal centro abitato, è il più antico della Basilicata. Qui è possibile ammirare undici livelli di scavo sovrapposti da cui sono riemersi resti ossei di fauna preistorica di grossa taglia, come elefanti, bisonti, rinoceronti, ma anche strumenti litici e il femore di una femmina adulta della specie Homo Erectus, uno dei più antichi resti umani ritrovati nel Meridione.
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