Autismo e disabilità, con Fattoria della Salute i successi della condivisione

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Con la Fattoria della Salute, ad Aversa, la sperimentazione sociale fa condividere spazi e dinamiche relazionali tra coloro che hanno un disturbo autistico e quelli che hanno un altro tipo di disabilità congenita o provocata.

Ci hanno abituato a vedere i disabili come persone piene di limiti, incapaci di raggiungere obiettivi, di accrescere competenze e di lavorare su loro stessi. Ci hanno fatto credere nell’impossibilità di dialogare con l’autismo e ci hanno voluto insegnare un linguaggio politicamente corretto ma solo di grande facciata piuttosto che educarci ad andare oltre gli stereotipi. Una situazione di comoda ignoranza che ha rischiato di intorpidirci e di farci mancare la bellezza dello scambio comunicativo. Uno scambio che, certo, non segue le consuete vie ma quando è possibile trova sempre un modo.

Ad Aversa con il progetto Fattoria della Salute, sostenuto da Fondazione CON IL SUD, la via comunicativa è stata trovata grazie all’ambiente e alle pratiche di agricoltura sociale. Un’ovvietà per qualcuno ma qui la sperimentazione si è spinta oltre, fino a far condividere spazi e dinamiche relazionali tra coloro che hanno un disturbo autistico e quelli che hanno un altro tipo di disabilità congenita o provocata, da dipendenza o da un incidente. Per poterne apprezzare il valore, la medaglia va sempre rovesciata e così anche con l’autismo. Vederlo da un unico punto di vista non basta perché ci sono mille chiavi per entrare in un mondo non nostro e perché l’autismo è trattabile. Sono molti i medici, le famiglie e le associazioni che lo ribadiscono lanciando seri allarmi sulla sordità della politica che spesso manca di provvedimenti mirati e questo nonostante le Nazioni Unite, già nel 2007, abbiano eletto il 2 aprile come la Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo, il World Autism Awareness Day, decidendo di associarvi il colore blu,  perché è una tinta che risveglia sicurezza e bisogno di conoscenza. Tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Per capire la straordinaria esperienza della Fattoria della Salute, portata avanti con un largo partenariato di cooperative sociali ed associazioni, in quei locali e giardini che un tempo facevano parte del primo manicomio di Italia, ora sede della cooperativa Un Fiore per la vita che a quegli spazi ha dato il nome di Fattoria sociale Fuori di Zucca, bisogna che si faccia un breve elenco di esempi. Parole ed immagini devono viaggiare a ritmo veloce, come può essere il dondolio di un ragazzo autistico. La metodicità che rassicura deve diventare anche la nostra piccola bussola per orientarci nel mare delle iperstimolazioni cui siamo sottoposti.

E allora, se Luca, autistico non verbalizzante, riesce a seguire un laboratorio di agricoltura accompagnato dalla musica che sceglie Francesco con problemi di disagio psichico e da Francesca che gioisce piantando prezzemolo e rosmarino mentre Mattia segue scrupolosamente il metodo della semina per assicurare un buon lavoro, il tutto non è un risultato raggiunto per caso. Se Alessandro, Luigi e Nicola riescono a servire il pranzo ad un gruppo di ragazzi in viaggio nelle Terre del riscatto della provincia di Caserta e di tappa al ristorante Fattoria Fuori di Zucca, non si può e non si deve parlare solo di una giornata buona. Se per Carnevale o per le svariate attività manuali Giulia, Francesca e Maria Giovanna non esitano a lavorare con i colori e se il mercoledì, tutti insieme condividono il divertimento con un gioco da tavolo, no, non è semplicemente l’esito di un’idea ben spesa. Con Lorenzo, Amedeo, Gabriele, Mariagrazia, Francesco Pio che conquistano ogni giorno nuovi spazi e competenze, l’ottimismo deve lasciare il passo alla certezza di una splendida realtà concreta.

Grazie alla contaminazione abilitativa che in Fattoria si celebra tutti i giorni, la comitiva supera di volta in volta importanti test di socialità e autonomia con gite fuori porta alla scoperta delle bellezze di Napoli, con una partita a bowling o con una serata in pizzeria. Successi che parlano da soli senza il bisogno di costose pubblicità, perché questa è quel tipo di progettazione sociale che ha a cuore le persone, se ne prende cura tra la commozione delle famiglie e l’emozione degli educatori.

articolo a cura di Tina Cioffo

 

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