Il ruolo delle comunità virtuali nella vita degli adolescenti: intervista alla psicoterapeuta Gabriella Russo
di maghweb3
Adolescenti e digitale tra stereotipi e luoghi comuni da sfatare, su questi temi ci siamo confrontati con la Dott.ssa Gabriella Russo, psicoterapeuta del progetto In-Dipendenze che a Palermo ha attivato gli sportelli di “Spazio Online”: qui bambine/i, adolescenti e famiglie, confrontandosi con una équipe multidisciplinare, possono intraprendere dei percorsi personalizzati per ridurre i fattori di rischio legati a un uso disfunzionale del web o dei dispositivi tecnologici e rafforzare le capacità personali e interpersonali.
A partire dall’esperienza maturata durante due anni di attività ambulatoriale, la Dott.ssa si sofferma sul ruolo delle comunità virtuali nella vita degli adolescenti e sulle loro capacità di resilienza di fronte alla complessità del mondo che li circonda. Una generazione a cui va data fiducia, e che reclama maggiori spazi di dialogo, ascolto e comprensione.
Come stanno gli adolescenti oggi, almeno quelli che state incontrando negli ambulatori di In-Dipendenze?
Gli adolescenti di oggi affrontano una serie di sfide uniche, influenzate dal contesto sociale e tecnologico in cui vivono. Spesso possiedono risorse che tendiamo a sottovalutare e hanno capacità di resilienza di fronte alla complessità del mondo che li circonda. Ciò che trovo stimolante nel lavorare con loro è proprio la scoperta di queste risorse e delle loro reazioni agli stimoli che ricevono. Nella mia esperienza, ho notato che i risultati sono spesso sorprendentemente positivi, oltre ogni aspettativa.
Ci sono momenti di conflitto con gli adulti, che cercano di guidarli nella fase di definizione della propria identità. È un momento di rottura e di accettazione del cambiamento, dove i genitori devono imparare a vedere i loro figli come individui separati da sé stessi. Pur accogliendo un’eredità educativa frutto del contesto famiglia che li ha visti crescere, i figli e le figlie possono avere desideri diversi da quelli che i genitori hanno provato a trasmettergli. Tutto ciò passa per piccole evoluzioni che si manifestano già da quando si è piccoli, ad esempio vogliono scegliere da sé come vestirsi e non accettare passivamente quanto deciso per loro. In quel momento stanno già diventando “altro”.
E come si approcciano ai percorsi di psicoterapia?
Credo sia molto importante sottolineare la capacità degli adolescenti di cogliere gli aspetti positivi di un trattamento psicoterapico. I ragazzi e le ragazze che ho accompagnato all’interno di Spazio Offline, soprattutto quelli già contattati nell’ambito degli sportelli attivati presso le scuole cittadine (alle scuole partner I.C. Antonio Ugo, I.C. De Amicis-Da Vinci, si sono aggiunte l’I.C. “Sperone – Pertini” e l’Istituto Regina Margherita), hanno mostrato una motivazione genuina nel seguire il percorso terapeutico, non percependolo come un’imposizione dei genitori, ma come un’opportunità per il cambiamento personale. O ancora, le resistenze iniziali di alcuni dei ragazzi presi in carico, spesso derivanti da una scelta meramente della coppia genitoriale, si sono ri-motivate e trasformate in reali step evolutivi di crescita e di potenziamento delle proprie abilità di autonomizzazione.
Laddove la scelta di recarsi in ambulatorio è inizialmente dettata dai genitori, infatti, la motivazione intrinseca degli adolescenti è fondamentale per il successo del trattamento. Fornire loro una comprensione chiara del percorso terapeutico fin dall’inizio, spiegando il ruolo dell’ambulatorio e coinvolgendoli attivamente nel processo è il primo step da affrontare. Dopo la prima fase di accoglienza e di assessment, realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo, la decisione di avvicinarsi alla psicoterapia viene presa congiuntamente dalla famiglia e dall’adolescente, in modo che nessuna delle due parti si senta obbligata ad accettare immediatamente il trattamento. Al primo incontro, spiego loro il funzionamento dell’ambulatorio e li rassicuro che la decisione di continuare è totalmente volontaria.
Qual è il ruolo della tecnologia nel processo di crescita degli adolescenti?
La tecnologia ha un impatto significativo sulla vita degli adolescenti. La comunicazione online sostiene in modo positivo molte amicizie reali e rende più semplice il contatto con amici di tutto il mondo. Le relazioni virtuali spesso sostengono l’adolescente in difficoltà e alle prese con compiti di sviluppo complessi. Così come suggerito dal lavoro clinico e di ricerca con gli adolescenti degli ultimi anni (M. Lancini 2015)*, nella fisiologia della crescita la rete può costituire un mezzo per potenziare i legami, soprattutto per coloro che mostrano difficoltà di socializzazione nella vita reale. Proteggere la propria immagine dietro uno schermo consente di non rinunciare alla socialità e lo strumento tecnologico assume funzione di sostegno evolutivo, divenendo spesso una palestra sociale dove collaudare sé stessi.
Le piattaforme digitali, dunque, offrono loro una comunità e un senso di appartenenza, ma possono anche portare a problematiche connesse al rischio di contatto ignoto e spesso anonimo nelle relazioni sociali online. È importante che gli adulti capiscano il mondo digitale in cui vivono i giovani e forniscano una guida adeguata.
Spesso gli adulti esprimono la necessità di regolamentare o controllare l’uso che gli adolescenti fanno della tecnologia. Come si supera questa paura dovuta probabilmente a un gap di comprensione e distanza generazionale?
È comprensibile che i genitori possano avere delle preoccupazioni, sentirsi esclusi o alienati dalle passioni dei propri figli. È un processo di adattamento reciproco. Il ruolo della psicoterapia all’interno degli sportelli ambulatoriali non è solo quello di lavorare con i giovani, ma anche di aiutare i genitori a comprendere e accettare la diversità dei propri figli. Non si tratta necessariamente di risolvere un problema, ma di trovare un equilibrio tra le diverse dimensioni della vita in famiglia. Così potrà capitare a un genitore di riuscire a trasmettere ai propri figli la passione per i giochi da tavolo, ma allo stesso modo il genitore potrà imparare a comprendere quali sono le piattaforme che suscitano l’interesse dei propri figli.
Una delle sfide principali è aiutare i genitori a comprendere e accettare l’individualità dei figli. A volte c’è un conflitto tra le aspettative dei genitori e i desideri o interessi degli adolescenti. Il mio lavoro consiste nel facilitare il dialogo, aiutando le famiglie a navigare in questa fase di transizione in modo più armonioso. Rispetto alla dimensione digitale, è importante per i genitori comprendere che la vita online fa parte integrante dell’esperienza adolescenziale moderna. Invece di demonizzare la tecnologia, è meglio educare i giovani su come utilizzarla in modo sicuro e responsabile. Allo stesso tempo, è essenziale mantenere una comunicazione aperta e costruire una relazione di fiducia con i propri figli.
Sono anche gli adulti a necessitare di formazione.
La formazione degli adulti in campo digitale è un tema interessante che abbiamo affrontato con l’equipe di professioniste e professionisti coinvolti. Spesso, gli adolescenti hanno una conoscenza più approfondita delle piattaforme e delle dinamiche online rispetto agli adulti, che potrebbero non essere in grado di discernere quali comportamenti siano accettabili e quali no. Sanno per esempio che a un comportamento inappropriato può seguire un “ban”, ovvero l’esclusione di un utente o la rimozione di un contenuto che viola le regole delle piattaforme. Su Twitch, ad esempio, sebbene gli utenti siano liberi di esprimersi, esistono comunque delle limitazioni. Alcune parole o comportamenti possono scatenare l’intervento degli algoritmi di moderazione, che possono arrivare anche a bannare temporaneamente o permanentemente un utente. Questa pratica, che offre una sorta di giustizia virtuale, garantisce una forma di controllo e ridimensionamento dei comportamenti inadeguati, che potrebbero non essere regolati altrove. È un po’ come avere un “Grande Fratello” che monitora le interazioni online e interviene quando necessario per mantenere un ambiente sicuro e rispettoso.
Possiamo parlare di dipendenza dal digitale? Che cosa ci racconta l’esperienza maturata in questi primi due anni di ambulatorio?
Nel contesto delle psicopatologie, la dipendenza online è principalmente associata al gioco, e viene ufficialmente riconosciuta come tale. Mentre la dipendenza tecnologica non è ancora classificata dal DSM-5.
Questo solleva interrogativi su come affrontare i comportamenti legati all’uso eccessivo della tecnologia, specialmente tra i giovani. Per poter intervenire è fondamentale comprendere se la dipendenza da internet sia un disturbo primario, ovvero esista indipendentemente da un altro disturbo o da una condizione di vita, o sia secondario ad altri disturbi psicopatologici, spesso rappresentanti dall’ansia e dalla depressione. Inoltre, è in corso un acceso dibattito scientifico sull’attribuzione del concetto stesso di dipendenza tecnologica o Internet Addiction agli adolescenti, dove qualsiasi definizione diagnostica corre il rischio di essere pericolosamente poco rispondente a una personalità che è per sua natura non ancora costituita, ma fluida ed in costante trasformazione*. Di fatto, tuttavia, a prescindere dalle classificazioni, le conseguenze comportamentali e sulla qualità della vita dell’adolescente, costituiscono spesso un aspetto clinico e sociale su cui intervenire. Dunque, le riflessioni sul concetto di dipendenza e su quanto esprimono gli adolescenti nel setting clinico, vanno attentamente effettuate e richiedono una chiave di lettura assolutamente in relazione a una dimensione più generale di vita dell’adolescente oggi, e dove il confine tra normalità e patologia non può essere definito solo dalla variabile tempo.
All’interno di Spazio Offline ho avuto esperienza con un giovane che passava numerose ore al computer, ma va precisato che l’uso non si limitava esclusivamente al gioco in sé. Anche le interazioni sociali tramite chat o via call, attraverso l’uso di cuffie, giocavano un ruolo rilevante. Questi scambi non riguardavano solo le dinamiche del game ma sfociavano anche in conversazioni personali, attivando vere e proprie relazioni. Ricordo un episodio in cui un ragazzo ha sviluppato una connessione con un’altra giocatrice conosciuta durante una fiera a Palermo. Si tratta di una comunità con interessi condivisi e un forte senso di appartenenza. Ridurre le esperienze di gioco o di presenza online a dipendenze, ricercando obbligatoriamente aspetti patologici nei comportamenti, può essere rischioso. Il digitale nasconde opportunità di crescita e di relazione per le nuove generazioni, e permette loro di sviluppare competenze linguistiche o di superare barriere emotive o relazionali.
C’è una maggiore consapevolezza rispetto al passato su come vivere meglio gli negli spazi digitali?
I ragazzi sono abbastanza consapevoli delle loro azioni e del loro impatto online e più preparati. Sanno bene, ad esempio, quali sono i rischi e le conseguenze della condivisione non consensuale di immagini intime. Questo è un cambiamento rispetto al passato, quando erano forse più vulnerabili e meno competenti. Oggi, grazie ai tantissimi contenuti disponibili in rete e all’esperienza condivisa di influencer e divulgatori, la situazione è diversa. Grande attenzione però deve essere dedicata a intercettare soglie di fragilità latenti in molte ragazze e ragazzi, che potrebbero essere vittime di situazione di prevaricazione e cyberbullismo, e incrementare così in modo esponenziale e devastante i contesti di esposizione a tali fenomeni.
*Matteo Lancini, 2015 – Erickson –
*Matteo Lancini, 2019 – Identità virtuali e reali in adolescenza
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