Federico vuole salvarsi, il baratro conosciuto tra agenzie di scommesse e droga

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“Ho conosciuto il baratro e non voglio tornarci”. Federico, 41 anni del Napoletano, comincia così il suo racconto e dà subito il senso di quella che è la sua storia di dipendenze, almeno fino al momento di Game Over.

Ha cominciato con la droga e ha continuato con il gioco d’azzardo trascinandosi in una dipendenza dopo l’altra con il serio rischio di non farcela. “Sono pulito da mesi e non ho intenzione di ricadere, non è facile e chi dice o pensa che lo sia non sa neppure dove si trova”, dice Federico. È alto, fisico atletico e abbigliamento sportivo. L’accento napoletano è a volte marcato da uno stretto gergo dialettale, parla velocemente ed è impossibile distrarsi. L’attenzione è e deve restare alta. Le parole spedite non le pronuncia però per affrettare il racconto né per nascondersi dietro un aneddoto. Il suo ritmo serrato scandisce piuttosto l’urgenza di condividere il suo vissuto come se dentro avesse un magma.

A 17 anni ho cominciato a drogarmi, era diventata una consuetudine a capodanno, alle feste ed in discoteca.  Gli anni sono passati come su di una giostra infernale. Nel frattempo ho cominciato a lavorare al Cardarelli di Napoli, sono stato fidanzato per 13 anni con una ragazza che pensavo potesse diventare mia moglie ma poi gli eventi, hanno deciso un altro tipo di percorso. Il suo tradimento ha determinato la rottura della nostra relazione e ha mandato letteralmente in frantumi quel fragile e falso equilibrio che pensavo di aver costruito tra droga, lavoro al bar dell’ospedale e l’avvio di due agenzie di scommesse a Pianura. Con il gioco d’azzardo credevo di essere invincibile, rapito da un delirio di onnipotenza che mi ha fatto diventare violento, paranoico ed intanto attorno a me si creava il vuoto. Ho lasciato che l’azzardo scavasse a fondo nella mia vita e così dopo le scommesse ci sono state le slot- machine a Giugliano in Campania.  Con le mie decisioni sbagliate, ho allontanato tutti e sono rimasto sempre più solo. È questo che i giovani dovrebbero sapere. È questa parte di storia che dovremmo far sapere per evitare l’inevitabile deriva, almeno per loro”.

Poi è arrivata una nuova ragazza ma la storia non ha avuto il lieto fine delle favole. Durante un periodo di convalescenza dopo un incidente nel quale aveva rischiato la vita, senza però convincersi a tagliare il cappio della dipendenza, rivide una vecchia amica. Maria, questo il suo nome, sapeva dei suoi problemi ma non si tirò indietro, sperando di poter metterci abbastanza energia per entrambi. Le cose sono andate diversamente. Dopo alcuni mesi di delirante frequentazione vissuta tra gelosie e possesso, la madre di Maria decise che era arrivato il momento di porre fine all’inferno della figlia.

Venne a casa, parlò con mia mamma consigliandole di farmi curare e chiedendo a tutti di starle lontano. Trovai il coraggio di confessare ogni cosa ai miei genitori e alle mie sorelle. Fu per loro un fulmine a ciel sereno perché avevo pensato che i miei sbalzi d’umore, le mie assenze, la mia incostanza fossero dovuti dalla delusione d’amore che avevo avuto”.

Si innescò così un circuito di nuove menzogne, Federico mentiva e gli altri sottovalutavano.

“Io e Maria, ricominciammo a frequentarci, fino a quando sapemmo che era incinta. La gravidanza non andò bene, perdemmo il bambino e dopo un paio di settimane l’accompagnai dal ginecologo. Un uomo le sarebbe stato accanto, se ne sarebbe preso cura ma io feci l’opposto.  Quel giorno mentre eravamo nella sala d’attesa del medico scelsi di andare in bagno per drogarmi. Perso, totalmente schiavo delle mie dipendenze. A Maria dissi che non mi sentivo bene con la pancia ma per fortuna non mi credette, con un calcio sfondò la porta e mi colse in fragranza”. Il palazzo di fandonie crollò, Maria si allontanò e Federico rimase nel suo impero di prigionie.

“In quei mesi, ho perso chi era disposto ad amarmi incondizionatamente, ho perso un figlio che ho sempre desiderato, ho perso la stima di mia nipote che mi adora e ho perso il rispetto di me stesso. Ho vissuto il baratro assoluto ma c’è chi mi ha lanciato una cima per permettermi di risalire. Penso di meritare una vita serena e voglio meritare l’affetto di mia nipote”.

L’aggressività ha già lasciato man mano il posto alle emozioni sane. Le lagrime non cercano più di soffocarsi in gola. Con l’aiuto anche degli operatori del progetto Game Over, Federico è impegnato in una profonda analisi di se stesso ed è tornando al punto di inizio che troverà la forza per perdonare e fare pace con se stesso.

a cura di Tina Cioffo

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