Gianluca, il Game Over di un ragazzo che ama Ligabue

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Accolto dal Ser.d dell’Als Napoli 2 è ospite del Gruppo Appartamento Stop and go di Acerra, in cammino per liberarsi della dipendenza cominciata quando aveva solo 16 anni. La storia di Game Over di Gianluca è una musica che continua. 

 

La sua canzone preferita è ‘Mi chiamano tutti Riko’ di Luciano Ligabue, il cantante italiano al quale si ispira anche un po’ nell’abbigliamento. Parte del testo se lo sente dipinto addosso, perché pure Gianluca, si è trovato da figlio ad essere genitore senza averne la necessaria maturità. Accolto dal Ser.d dell’Als Napoli 2 è ospite del Gruppo Appartamento Stop and go di Acerra, in cammino per liberarsi della dipendenza.  A 16 anni si è trovato nel mezzo di un mare in tempesta, senza appigli e senza alcun punto di riferimento. Investito già dalle difficili prove che l’adolescenza  gli proponeva, da un giorno all’altro è stato obbligato a lasciare amici e la casa dove aveva vissuto fino a quel momento, per seguire il lavoro di suo padre. “Ci siamo trasferiti all’Aquila. Lì, papà, voleva crescere professionalmente, era bravo e meritava di far carriera ma – spiega Gianluca– il trampolino di lancio per raggiungere obiettivi soddisfacenti si è trasformato in una botola che ci ha fatto precipitare tutti, in un fosso lungo e profondo”.

Il papà di Gianluca comincia a bere e poi a drogarsi fino ad usare violenza contro la madre rompendo ogni tipo di equilibrio familiare ed esistenziale e così il ragazzo, costretto a barcamenarsi tra la sua famiglia già in caduta libera e se stesso, si abbandona alla dipendenza di ogni tipo, dalle sostanze al gioco d’azzardo. Tutto è acuito da un  rapporto patologico con il cibo che lo porta ad alternare anoressia e bulimia, senza più avere il controllo di nulla.

I miei occhi hanno visto e le mie orecchie hanno udito, più di quanto dovrebbe essere concesso e così anche mio fratello”, racconta Gianluca che ora di anni ne ha 33. “La fine del periodo aquilano – continua-  l’ho vissuta come una liberazione ma in realtà non potevo affrancarmi da quello che mi era già entrato dentro e che ha intaccato la mia capacità di relazionarmi con il mondo e con le persone. Sentivo di non potermi fidare e ho cercato un calore familiare nel gruppo di cocainomani che ho frequentato e che mi ha portato all’autodistruzione. Volevo sentirmi accolto e ho creduto che la dipendenza potesse darmi quello che mi è sempre mancato. È stupido crederlo!”.

Ci sono ‘Traguardi che sono partenze ed un tramonto che è come un mattino’, canta Ligabue nel brano “La linea sottile” e così quel che poteva sembrare una conclusione per Gianluca si sta trasformano in un nuovo inizio.

“Mio padre è morto il 24 giugno del 2013 e per dieci anni ho preso il suo posto in tutto e per tutto, persino il suo lavoro nell’azienda che aveva lasciato prima di tentare con il nuovo lavoro all’Aquila. Quelli che sono stati i titolari di mio padre, sono anche i miei e sono loro che mi hanno gettato più di una volta un salvagente ma non c’è scialuppa per chi non decide di accettarla. Chi è vittima delle dipendenze, ha un rapporto strano con l’amore, lo scaccia quando gli viene regalato e si lamenta quando lo perde”, confessa Gianluca mentre distoglie per un attimo lo sguardo come rapito da un ricordo.

Ora, il ragazzo appassionato di musica ha deciso di seguire le note della rinascita, aiutato dagli operatori del Dipartimento dipendenze patologiche dell’azienda sanitaria Napoli 2 partner del progetto Game Over, sostenuto da Fondazione CON IL SUD ed in partenariato con le cooperative sociali Officina dei Talenti, Un Fiore per la vita, Regina Pacis, Il Millepiedi e P.a.s.s..

A volte, penso alla ragazza con la quale sono stato per qualche tempo e a come io l’abbia lasciata andare ma -dice –  forse è stata l’unica cosa giusta che io abbia mai fatto. Penso a mia madre che della vita ha potuto goderne poco, penso a mio fratello che nonostante tutto è riuscito a vivere il bene dedicandosi allo studio per diventare ingegnere meccanico e penso a me e alla decisione di dedicarmi attenzioni, senza permettere più a nessuno di uccidermi per salvarli”.

Prima di salutarlo, lo guardiamo per un’ultima volta e sulle sue mani tornate calme, notiamo un anello a fasce. Ogni fascia è una via, un modo, una strada e sta a noi scegliere quella più giusta.

 

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