Potatura di viti e ulivi: formazione sul campo per lavoratori stranieri

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Con il nuovo anno a Torrecuso è partita la formazione specializzata sulle potature di viti e ulivi per otto partecipanti provenienti dal Bangladesh, Tunisia, Marocco e Nigeria. “Ogni lunedì, martedì e mercoledì e per quattro settimane il gruppo si riunisce a Torreucuso – racconta Donato De Marco direttore del comparto di Agricoltura Coesiva della Rete “Sale della Terra”- la mattina si effettuano poche ore in aula e poi fino al calar del sole tra uliveti e vitigni a insegnare sul campo tutti le diverse tipologie di potature previste nelle culture dell’Italia appenninica: potatura a Guyot, a cordone speronato e a tendone o a pergola”.

Torrecuso è un piccolo comune con poco più di tremila residenti nel beneventano. Si trova nel parco regionale del Taburno riverso sul pendio orientale del monte Caruso; l’economia e il lavoro locale è prevalentemente agricolo nel comparto vitivinicolo con circa 1300 ettari di viti e 750 ettari di ulivi che richiedono costantemente molta mano d’opera qualificata. Aglianico, Falanghina, Piedirosso, Coda di Volpe e Fiano sono i vini prodotti nel torrecusano.

“Con l’ausilio di Pietro Iadarola, esperto agronomo locale, formiamo otto lavoratori alle professionalità di cui maggiormente necessita questo territorio – spiega ancora Donato De Marco – se avremo conseguito l’obiettivo che ci siamo posti lo scopriremo una volta concluso il corso quando appureremo quanti dei partecipanti formati conseguiranno un contratto regolare con le aziende locali”, conclude De Marco.

Il corso fa parte del progetto “Buon Lavoro!” finanziato da Fondazione con il Sud. Tra gli obbiettivi c’è la creazione di occasioni di matching tra la domanda di lavoro qualificato nelle aree interne appenniniche della Campania e l’ampia disponibilità inesaudita di mano d’opera di altre aree, le quali divengono soggette lavoro nero e caporalato.

“Alcuni dei lavoratori stranieri che partecipano alla formazione provengono ad esempio da Capua, nel casertano – racconta Teresa di “Città Irene – Cooperativa di solidarietà sociale” – sono ex beneficiari Sai (Sistema Accoglienza Integrazione) rimasti sul territorio che hanno sempre lavorato in agricoltura con alterne fortune”.

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