Biblio In & APEE, dalla connessione alle dipendenze. Un viaggio verso la consapevolezza digitale

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Dipendenze digitali

Martedì 18 giugno, presso la Biblioteca Comunale di Casamassima, c’è stato il primo di una serie di incontri tenuti dai professionisti dell’Associazione APEE (Associazione di Psicologia dell’Età Evolutiva) e Biblio In, riguardante il tema delle dipendenze digitali.

Un tema attuale, ma anche molto preoccupante che tocca indistintamente ognuno di noi e che, forse, è ancora troppo sottovalutato. Certo, è innegabile che la tecnologia ci ha dato e continua a darci tanto, ma è necessario improntare un uso moderato, sano e oculato.

Se dovessimo porci queste domande “Conosco al meglio la mia relazione?” e “Riuscirei a staccare la spina dal mondo digitale per più di un giorno?” cosa risponderemmo a noi stessi?

Per comprendere al meglio lo stato attuale del nostro rapporto con il digitale, la Dott.ssa Maria Porfido, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale dell’età evolutiva, Presidente AIDAI Puglia, Psicologa scolastica, Responsabile del Centro Evolutiva e Presidente dell’Associazione APEE, ha analizzato la situazione generale in Italia andando poi a soffermarsi sulle criticità e sulle possibili dipendenze legate al periodo dell’età evolutiva dei ragazzi.

“L’uso della tecnologia e degli smartphone è diventato parte integrante delle nostre vite e, proprio per questo, dobbiamo imparare ad essere più consapevoli di quello che potrebbe essere il passaggio dall’uso all’abuso. Siamo qui, dunque, per parlare e informare di questo “passaggio” dalla connessione alle dipendenze.”

In Italia, 37 milioni di persone sono attive sulla rete, pari al 63% dell’intera popolazione. Oltre il 40% della popolazione è attiva sui social e dal 2015 in poi, anno dell’effettivo boom di tutte le piattaforme social nel nostro Paese. Facebook e Whatsapp la fanno da padrona tra le piattaforme social più utilizzate.

In media, il tempo medio che passiamo sui nostri dispositivi è così suddiviso:

  • PC e tablet – 4 ore al giorno
  • smartphone – 2 ore e 10 minuti al giorno
  • social (tutti) – 2 ore al giorno
  • TV – 2 ore e 25 minuti al giorno

Le prime criticità vengono riscontrate nei dati registrati da alcuni studi specifici. Più del 60% di chi ha uno smartphone controlla ogni ora se ci sono notifiche, chiamate o messaggi. Spesso e volentieri si controlla il telefono quando si è alla guida, quando si sta parlando con altre persone, mentre si lavora… Oltre a questo, lo studio ha indagato le reazioni emotive collegate al non aver il cellulare con sé e alla percezione di averlo perso.

Il 69% di chi pensava di averlo perso e poi lo ritrova ha sviluppato momenti di ansia.

Il 73% ha attacchi di panico.

Il 7% si sente male e ha bisogno di cure mediche.

Il 14% prova disperazione.

Comportamenti totalmente inappropriati ma che, inconsciamente, quasi normalizziamo.

E i ragazzi?

Come prevedibile, sono i più connessi. Il 70% di loro ha dai 18 ai 24 anni e quelli tra i 15 e i 17 anni sono già iscritti a 7 social. Principalmente, utilizzano gli smartphone per motivi ludici, di intrattenimento e informativi. Il problema non quindi contenuti non adatti, ma come questi contenuti siano creati per “inghiottire” i ragazzi in un loop di continuo aggiornamento e di continua ricerca della novità.

Uno tra i problemi più allarmanti e in continua crescita è il fenomeno degli “hikikomori”.

É un termine giapponese che significa “stare in disparte” e viene utilizzato per identificare chi decide di ritirarsi volontariamente dalla vita sociale per lunghi periodi. Rinchiusi nella propria casa, i ragazzi che ne soffrono evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno e, addirittura, anche con i propri familiari. Alla base di questa condizione c’è un disagio adattivo sociale. I giovani, che sperimentano una forte ansia e pressione sociale, faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società.

In Italia, soprattutto a seguito della pandemia che ha estremizzato il problema, l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. Nel nostro Paese non ci sono ancora dati ufficiali, ma si stima che ci siano circa 100.000 casi.

In conclusione, l’incontro ha anche analizzato come la tecnologia sia così attrattiva perché facilmente accessibile, fruibile in qualsiasi momento e senza alcun controllo o giudizio dall’esterno. Fattori questi che rendono ancor più difficile il controllo e la gestione da parte delle famiglie.

Un viaggio verso la consapevolezza digitale è possibile. Conoscere, e riconoscere, i primi sintomi e comportamenti è il primo passo verso una relazione sana con il digitale e in questo l’Associazione APEE è a disposizione con tutte le sue figure professionali.

Biblio In & APEE
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