Acqua e fuoco: ecco la cura degli abitanti per il Parco di Tepilora
di legambientesardegna
Dagli abitanti – e dal loro presidio – può ripartire un territorio ferito. La cura e la consapevolezza del rischio sono infatti determinanti nella prevenzione dei disastri idrogeologici (soprattutto alluvioni e incendi). Al via il progetto triennale Acqua e fuoco. Dalle cicatrici del passato la mappa per un futuro al riparo dai rischi nel parco di Tepilora, sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD, l’unico selezionato in Sardegna con il bando ambiente 2018.
Il territorio è quello del Parco regionale di Tepilora, 8mila ettari nel Nuorese, dalla montagne di Tepilora e Crastazza fino alle dune sulla costa di Posada, tra stagni e foreste. Le comunità sono quelle dei quattro comuni coinvolti: Bitti, Lodè, Torpè, Posada, 10mila residenti circa. Qui – sotto la guida di Legambiente Sardegna – agiranno sette partner: il Parco regionale di Tepilora, l’agenzia regionale FoReSTAS, l’Università degli studi di Cagliari, l’associazione Adotta un albero ONLUS, l’associazione Sardus Pater, il Gruppo Scout Posada, la Pressa-società cooperativa sociale onlus (Bitti).
A Posada, il 4 dicembre durante la conferenza stampa di presentazione alla Centro di educazione Educazione Ambientale e
alla Sostenibilità, Casa delle Dame, sono stati illustrati i dettagli. “L’ambizione del progetto è quella di ricomporre e far lavorare insieme realtà diverse: dalle istituzioni ai cittadini – ha detto Marta Battaglia, direttrice di Legambiente Sardegna -. Saranno tre anni vivaci in cui le fragilità del territorio e gli interventi dei partner per la prevenzione dei rischi saranno materiali di osservazione e studio per le scuole, la cittadinanza e la comunità della società civile. Così gli abitanti potranno di nuovo diventare protagonisti”. “Per noi – ha continuato Roberto Tola, presidente del Parco regionale di Tepilora – l’aspetto più importante è la conoscenza da parte degli abitanti delle tematiche del dissesto idrogeologico e soprattutto la consapevolezza di vivere in un territorio fragile”. Sul ruolo dell’Università di Cagliari è intervenuto Antonio Funedda, professore di geologia strutturale: “Analizzeremo l’evoluzione della piana costiera del rio Posada e lo faremo a seguito di studi già svolti. Punteremo alla comprensione degli equilibri di un sistema naturale complesso come quello fluviale per capire la gestione sostenibile e compatibile con la presenza dell’uomo. Oltre alla ricerca scientifica – ha aggiunto – ci saranno attività di sensibilizzazione, divulgazione e formazione di studenti e insegnanti”. “La nostra agenzia gestisce il 95 per cento del territorio del parco con operai e mezzi – ha chiuso Giuliano De Serra, di FoReSTAS -. Due le nostre azioni principali: il ripristino tecnico dell’alveo di Posada e il recupero della pineta in parte distrutta da incendi”. Dopo l’incontro si è insediato il comitato di indirizzo popolare che coinvolge tutti i partner del progetto e si allarga ad alcuni attori territoriali come la scuola e l’imprenditoria turistica. Nella riunione operativa si sono stabilite le tempistiche delle varie fasi.
I numeri. Il progetto vale 160.000 euro, con un contributo di 127.000 euro della Fondazione CON IL SUD. In tutto saranno monitorati 350 ettari, realizzati dieci interventi di prevenzione e tutela, con il coinvolgimento di 23 volontari e 50 cittadini, nonché una scuola per ogni comune che seguirà sul campo tutte le operazioni. Le iniziative di sensibilizzazione e le manifestazioni pubbliche (escursioni e workshop) puntano a raggiungere altre 1500 persone.
Le azioni. Sono tre i filoni principali deIle azioni (fino al 2022): il primo è il ripristino e il rafforzamento del territorio che ancora subisce le conseguenze dell’alluvione del 2013. Saranno piantati alberi, puliti i percorsi lungo il Rio Posada da detriti e rifiuti, rafforzate le dune sulla costa, effettuate analisi della piana alluvionale al fine di riconoscere i caratteri geologici necessari alla valutazione del rischio idrogeologico. Il tutto con il necessario e strategico coinvolgimento delle comunità e dei ragazzi attraverso workshop, campi di volontariato, allestimento informativo e il racconto interattivo per i CEAS – Centro di Educazione Ambientale e alla Sostenibilità – dei quattro comuni. Gran parte dei fenomeni di erosione e di esondazione dei corsi d’acqua sono causati, infatti, anche dall’abbandono colturale e dalla riduzione della capacità di gestione delle campagne – compiti un tempo tradizionalmente assolti dai pastori.
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